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Manganelli
iperteologo
“Sono
tentato dalla teologia.
O
forse la teologia è la matrice delle storie?
Non
è impossibile.”
(G.
MANGANELLI, Encomio del tiranno).
La differenza tra un Meister Eckhart
e Manganelli è che il primo crede che ciò che entrambi chiamano
Nulla sia Dio. Tutto il resto della mistica
– sentimento del sacro, ritualità, devozione, attenzione
alle allegorie, ecc. –, e cioè l’essenziale, coincide. Coincide
il senso pregnante e vertiginoso del concetto del Nulla.
Come il teologo, il letterato
ha “un modo altamente specifico di non sapere”; “non lavora
secondo estro e fantasia, ma secondo obbedienza: cerca di
capire cosa vuole da lui il linguaggio…” (G. MANGANELLI,
La letteratura come menzogna): concetti che sarebbero
piaciuti a Simone Weil come a Heidegger.La differenza tra
un Meister Eckhart e Manganelli è che il primo crede che
ciò che entrambi chiamano Nulla sia Dio. Tutto il resto
della mistica –
sentimento del sacro, ritualità, devozione, attenzione alle
allegorie, ecc. –, e cioè l’essenziale, coincide. Coincide
il senso pregnante e vertiginoso del concetto del Nulla.
La prima citazione dal suo libro d’esordio, la seconda da un testo postumo:
“Intendo come segue: che Dio sia morto ab aeterno, ed eterna sia la condizione
di irradiamento dei granuli dogliosi, e pertanto tutto sia,
da sempre, immerso in codesta morte. Forse anche: la massa
corposa delle cose, il tangibile universale, sintattico,
renitente e diverso, altro non sia che detta granuleria
versata e rappresa in formelle, e in queste concotta ad
effimera consistenza, e intima in anilina di anima e retorica
(secondo le leggi consentono).”(Hilarotragoedia)
“…la semplice menzione del divino
trasforma il resto nel puro e semplice nulla. Ma forse,
se si fosse potuto tenere a bada il divino, si sarebbe evitato
il trionfo del nulla? Tenere a bada il divino: che significa?”
(Presepio).
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