“Non
eravamo tutti d’accordo sul significato della parola
“parola”. Ma eravamo tutti d’accordo che si scrive con
le parole e non coi sentimenti.”
(La
penombra mentale)
Il primo testo pubblico di Manganelli
è la parodia di una conferenza, Iperipotesi, letto
a Palermo al primo incontro del Gruppo 63.
Eco ricorda l’incontro come “una
festa di paese, di cui fa parte chi è presente e partecipa
dello spirito generale e del genius loci” (Sugli specchi,
Bompiani 1985). C’erano Sanguineti, Guglielmi, Leonetti,
Balestrini, Giuliani, Barilli, Eco, ecc…. posizioni diverse,
presto anche antitetiche: più che altro tutti d’accordo
su quello che non si vuole proprio più essere: tutti irreversibilmente
schizzinosi verso le neo-Liala Cassola,
Moravia e Bassani: “nel nostro Gruppo non ci sono
posizioni alternative ad altre, anche perché il Gruppo
non ha un Manifesto, non ha una teoria, non ha mica un’ortodossia,
è un club di persone irritate (…) no, di persone disoneste,
altrimenti non ci sarebbe alcun motivo di fare un club”
(Giorgio Manganelli in E. BATTISTI, Gli amici dissidenti.
Il Gruppo 63 a Reggio Emilia, “Marcatrè” 1965).
L’importante è liberarsi da una
zavorra ideologica, moralistica, perbenista, grevemente
e arbitrariamente pedagogica:
“…dei nuovi romanzi edificanti,
moralistici, od in qualche modo migliorativi della condizione
umana, o testimonianze, a me non interessa niente (…)
quando mi trovo di fronte ad un testo in cui predominano
quelli che si possono chiamare i buoni sentimenti, debbo
dire che provo una nausea profonda. Perché è evidente
che si cerca di eludere il tema essenziale del lavoro
artistico, si cerca di edificarmi, di farmi diventare
migliore, cosa che a me non interessa fare, o che comunque
ritengo che sia di mia competenza” (Ibid.).