"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 5, ottobre  2003


Ogni scrittore, come ogni persona, ha le sue stelle d’orientamento, e a sua volta è stella (danzante?) per altri. 

Proviamo a segnalarne qualcuna

 

Per "Interviste impossibili"  di Giorgio Manganelli:


4. Parini

 


 

“Voi puzzate che è una meraviglia.”

(G. PARINI, Dialogo sopra la nobiltà)

 

Qualcuno legge Parini? Avrà, se gli va bene, un miliardesimo dei lettori delle povere prose di un… fate voi. - Eppure, scegliendo due per niente a caso, Arbasino e Zanzotto, c’è ancora chi ama il poeta capace del più corrosivo rococò!

Ma veniamo al dunque.

Mirabile prosetta quella del Dialogo sopra la nobiltà del 1757! Dove due morti, o per essere più precisi due cadaveri, parlano tra di loro essendo costretti nella stessa marcescente sepoltura. 

Del dialogo ora ci interessa più il contorno che il merito, dal messaggio inappuntabilmente egualitario (a un nobile boriosetto un poeta dice sul sangue le arterie e il resto le stesse cose già ammirate nel Mercante di Venezia: applausi umanitari sia per l’Abate che per il Bardo).

A noi interessa la variante – da cui perfino l’anarchico Manganelli rifugge – di due defunti che possono parlarsi solo finché dotati di cadavere. Nella precaria condizione di salma, stadio presto perituro dell’entropia umana nel suo trascolorare dall’essere al nulla, il tempo della chiacchera oltetombale è quello che occorre a topi e vermi per il ghiotto spolpamento dei dialoganti: 

“Or via, poiché qui non ci resta altro che fare infino a tanto che questi vermi abbiano finito di rosicarci, io voglio pur darti retta…”

Come in un Beckett contaminato dal gotico più imbarazzante, i due cadaveri ciarlano giusto per ingannare il tempo della loro disfazione: “Io non posso oggimai più dir motto, conciossiaché i miei polmoni cominciano a sdrucirsi, e la lingua a corrompersi”.

Nel dialogo gnomicamente nobilitato di Parini, cerchiamo morbosi solo le delizie macabre: “Io non so chi mi tenesse dal batterti attraverso del ceffo questa trippa ch’ora m’esce del bellico che infradicia”. 

In fondo, il manganelliano Edgard Allan Poe non ha inventato nulla.


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