“ma ch’uno error che fece
poi fu quello
ch’un’altra volta gli levò
il cervello”
(L. ARIOSTO, Orlando Furioso,
XXXIV, 86, 7-8)
Nell’Orlando furioso,
il più infinito dei libri impossibili, si scopre che
tutte le morti hanno tombe adeguate, il che vuol dire
tombe grottesche, ironiche, smaccatamente metaforiche,
fulmineamente icastiche: e sempre perfidamente
adeguate. E poiché, oltre gli uomini e prima degli
uomini, muoiono le speranze, i talenti, le trame, gli
amori, le promesse e le beltà, ogni individuo può
esser raccontato come la secchia sfondata di sé
stesso. Dall’imbuto dell’istante, sciami di
funerali si defecano per le miriadi di morti che ogni
istante vissuto produce. Un orecchio splenetico o
proustiano ne avvertirebbe il sussurro.
Eppure nessuna tragedia. Come
sempre, l’eccesso di quantità, fa ridere; e
l’ariostesca baraonda del caravanserraglio delle
morti (amori, corone di re, speranze, tenaci, poemi,
bellezze…) ha il clangore di latta dei circhi che si
smontano, delle fiere che riprendono la strada. -
Anche perché al di là della morte dell’Essere non
c’è il Nulla metafisico che tutti noi presentiamo
già tra gli spazi di ogni minimo sospiro, ma la Luna.
La quale per di più è
raggiungibile.
Sia pur solo per intercessione
di un ilare Giovanni Evangelista e l’aiuto del
sapiente Ippogrifo, è possibile non solo accedere al
variopintissimo cimitero – un Bosch in ottonari! –
lunare, ma riportare di Qua ciò che pareva perduto di
Là.
Una voce più cinica direbbe che
questa generosità della Luna vale quella del croupier
che allunga qualche fishe al giocatore
patologico, sapendo che la moneta ricadrà presto
dalla parte del banco… Altro che Dante che, al
cospetto di Colui che tutto move, una volta per tutte
si trasumàna!… nel Furioso nessuno impara
niente: il senno d’Orlando tornerà dall’ampolla
nel suo testone giusto il tempo di qualche strategico
duello per il bene della Fede, per poi risvaporarsi
inesorabilmente: lo stesso Astolfo, che sniffa già
lassù quanto aveva sprecato di saggezza e
intelligenza, si rifarà vagamente demente e distratto
appena la vita gliene darà occasione, e cioè subito.