"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 3,  marzo 2003

  diari di lettura


 

 

 

Così, Kafka.

 

di Carlo Senatore 

  

 

Ero al liceo. In verità mi divertivo molto, ma anche ricercavo la strada più giusta per me e per molti altri; certo attraverso l’ebollizione viscerale dell’adolescenza (pre o post non importa), ma pure attraverso i sommovimenti politici di un’epoca molto stimolante (il celebre ’68 e i suoi fondamentali strascichi). Insomma non stavo mai fermo a studiare i compiti assegnati, o stupidate del genere, cercavo e volevo di tutto e di più...

E in mezzo a tutto questo mi sono imbattuto in Kafka. Grande autore ricco di fantasia, magari un po’ lugubre, ma talmente credibile da non poter assolutamente passare oltre senza ammirarlo. E poi in fondo il mondo assurdo che lui descriveva in tanti racconti, richiamava nella mia mente, in qualche modo, le assurdità che noi tentavamo di combattere tutti i giorni (ora so che, in un modo o nell’altro, tutti i ten-ager da sempre lo fanno e pensano di essere i primi, ma noi allora ci credevamo davvero speciali…).

Così Kafka. Era, per assurdo, come se fosse diventato una specie di Marx del costume, un riferimento sicuro per quanto riguardava la feroce critica al vivere borghese, un nostro amico e compagno, solo scomparso troppo presto.

Per di più una mia cara amica di allora mi regalò una copia dei suoi racconti, con tanto di dedica, che io tenni per anni nel reparto mentale “in attesa di essere letto”. Ma la politica mi assorbiva talmente (per non parlare dell’amore e ovviamente dell’esame di maturità) che alla fine non andai mai oltre al celebre racconto dello scarafaggione e ad altre due o tre cose lette in classe (avevamo un professore di lettere davvero speciale). Quello che lessi attentamente e più volte fu la dedica, ma si sa, a quell’età si scollano anche i francobolli dalle cartoline per controllare che dietro non sia celato un misterioso messaggio d’amore inatteso.

Comunque, un po’ per non averlo mai letto del tutto e un po’ per la sua folgorante fantasia, ha continuato e continua a stimolarmi a ondate successive, magari lontane anni, ma sempre piacevoli e sorridenti. Naturalmente di quel sorriso un po’ scuro che un buon praghese acquista solo al secondo calice di birra, condito magari da un panino di porcherie vagamente risalenti al maiale. Un sorriso che solo chi è stato almeno per una settimana a Praga può conoscere, ma un sorriso che regala una visione del mondo davvero speciale.

 

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