E'
molto più facile scendere nell'inferno dantesco che in quello di
K.
La
lunga escursione di Dante nell'Inferno - la sua personale
“odissea” o “dantea” che da sola vale il biglietto
d'ingresso di tutta la letteratura italiana - gli serve anche per
“sistemare i conti in sospeso” con parecchi “nemici” oltreché
mostrare la grandezza della poesia, e poesia d'amore in specie - che
infatti resiste benissimamente a tutt'oggi. Il povero K, invece, che
va all'inferno con il solo biglietto d'andata, senza Virgilio, né
Beatrice che lo segue dall'alto, ci va perché - come afferma Milena
- che un po’ meglio di noi lo conosceva - non ha scampo, né
rifugi , né protezioni ( poteva Freud essere un suo protettore?
Forse, ma a lui non interessava la psicanalisi , interessava
“solo” la letteratura). K è incapace di furberie, incapace di
mentire... di scendere a compromessi. E’, come persona, la
perfetta antitesi dell’italiano medio rappresentato nei film di
Sordi ( ma anche da quello che descrisse Guicciardini molti secoli
prima che ci fosse lo Stato italiano) ed è per questo (forse) che
per noi italioti è ancora più difficile comprenderlo... Con una
forzatura banale, ma che forse rende l'idea, potrei dire che K è
come Zeman (guarda caso , anche lui boemo) che nonostante... perda
quasi tutte le partite continua con la sua tattica di gioco
scriteriata, perché lui “sa” , lui “vede oltre” . E' un
donchisciotte?, è un pazzo? E’ un fesso? Forse è tutto ciò, ma
è anche - se vogliamo - un poeta.