"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 2, gennaio 2003

"L'Amore" di Stendhal Da Henri Beyle a "Stendhal"

In Russia!


L'incendio di Mosca"

 

Stendhal, lo si dice sempre e lui per primo, non è Chateaubriand.

Una prova per tutte: partecipò alla follia della Grande Armée in Russia ma non ne fece mai il Niagara di parole che ne avrebbe fatto uscire l’altro. Reticenza del vero reduce? - Si sa che non mise nei suoi romanzi l’inverno russo che subì ma la Waterloo che non vide.

Eppure la Russia fu un’esperienza che lo trasformò.

Partì il 23 luglio 1812.  Dopo essere stato ricevuto dall'imperatrice Maria Luisa, prende l'incarico di portare  a Napoleone il  portafogli dei ministri. Incontra l'imperatore in agosto, a Boyarinkova. A spingerlo in questa impresa è la segreta e inutile speranza di guadagnare  qualche diritto "to my dear Italy". A Mosca, assiste all'incendio e partecipa alla ritirata distinguendosi  per il tranquillo coraggio. Partecipa ai saccheggiamenti in suo modo inconfondibile e, per noi, commovente: porta via un volume di Voltaire rilegato in marocchino. Tiene un diario,  del quale si sono conservati solo pochi frammenti, disordinato, geniale, su cui appunta quei terribili giorni, visti dal suo personalissimo punto di vista, raccontati  nelle lettere di quel periodo.

Scrisse all’amata contessa Daru, quando ormai era cominciata la ritirata che avrebbe ucciso quasi tutti i 600.000 uomini partiti:

 

"Le nostre sofferenze fisiche da Mosca a qui sono state diaboliche. Non c’è facchino del mercato che, alla fine della giornata, sia sfinito come l’eravamo noi ogni sera, mentre costruivamo la nostra piccola capanna di rami secchi e mentre accendevamo il fuoco. Io mi sento ancora gelare, e ve ne accorgerete certo dalla mia brutta scrittura. Non ci riconoscerete, cara cugina. Ad eccezione del Padrone, le cui vetture hanno resistito grazie ai suoi domestici e ai suoi cavalli, noi siamo tutti in condizioni da far paura."

 

Da un’altra lettera, questa volta alla sorella Pauline: “Sto bene… Ho perduto tutto e non ho che gli abiti che indosso. Quello che è molto più bello è che sono magro”. Magro e anche senza capelli. 

Intanto era stato nominato direttore generale degli approvvigionamenti di riserva per i governi di Smolensk, Vitebsk e Mohilev. - Sopravvisse a forza di coraggio e di tazze di caffè, arrangiandosi per il resto con tutto: anche pagando 20 franchi un pezzo di candela di sego da mangiare poi chissà se voracemente o con oculatezza.

Arrivò a Parigi il 31 gennaio 1813. Ma il freddo della Russia gli rimase a lungo nelle ossa. Scrisse il 4 febbraio: “Ho un freddo interno, bevo due o tre bottiglie di ottimo vino. Prendo il punch, del caffè, non serve a niente; ho sempre fame e freddo.”

Malgrado il comportamento encomiabile durante la terribile campagna, Stendhal, a differenza di tanti, non ottenne né un avanzamento né una lode: “Sono rimasto un disgraziato come prima. Ciò non diminuisce per niente il mio zelo nel servire Sua Maestà e la mia allegria”.

In realtà, fu una grave mortificazione, anche se cercò di non dimenticarsi mai che – Bonaparte escluso - solo le anime volgari provano piacere nel comando.

di F.C. e M.M.M.

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