“Un
uomo solo non sarebbe bastato
a
fare di me Shangai Lili.”
Shangai express
(1932)
In
Disonorata (X-27, 1931), la polizia irrompe in una
palazzo perché si è suicidata una puttana. L’ufficiale di polizia
abborda Marlene invitandola ad andare a bere da qualche parte per
dimenticare “questa sgradevole casa”. Lei risponde: “Non è sempre
sgradevole. Io vivo qui.”
Già nell’Angelo
azzurro (Der
Blaue Engel,
1930)
Lola vive bene nel suo retropalcoscenico, nel bric-à-brac di una
puttana cantante (sul suo status, opinioni diverse tra lei e il
suo padrone: “- Cosa sei tu? - Sono un artista! - Lei che ne dice,
professore, non è un po’ boriosa la signorina?”).
Nello stesso anno, ed è il primo film
a Hollywood, Marlene è in Marocco (Morocco,
1930) Amy
Jolly.
La metamorfosi è compiuta:
ha perso - oltre che dieci
chili - la crisalide di volgarità che c’è in Lola, ed è già una dea che
si prostituisce. Tanto che da quel film in poi apparirà sempre del tutto
naturale, a ogni aristocratico miliardario che incontra, di chiederla in
moglie. Lei, sempre
all’altezza di chi le offre
gentilezza e galanteria, dice sempre no, ma mai per il
peso
eventuale del suo passato.
Che i miliardari abbiano ragione lo
manifestano perfino le toilettes, che lei indossa come se ci
fosse nata, come se anche i vestiti non avessero aspettato che lei per
esistere davvero. (Billy Wilder
diceva di lei che, più che un’attrice,
la Dietrich era una indossatrice...).
La variante più preziosa della puttana
divina, la vedi in Shangai express
(1932), dove Marlene è più ricca di quasi tutti gli uomini
possibili; e anche la più colta e la più educata (nel treno dove si
svolge quasi tutta la storia, per esempio, lei è l’unica che sappia il
francese).
°*°
Anche agli antipodi, dove la
prostituzione è il cedimento al massimo della sventura, Marlene conserva
segni squisiti di grazia e di decoro: in
Disonorata (X-27, 1931), quando sta per essere
fucilata, al frate non chiede conforti religiosi, ma di avere per gli
ultimi giorni in cella il suo pianoforte; e per il plotone d’esecuzione
il vestito con cui, prima di diventare agente segreto, faceva la
prostituta: di quando serviva “i compatrioti invece della patria”
(e com’è femminile quel
ritorno al concreto dall'astratto...).
La prostituzione come arte greve di
fare ciò che non si è, la vedi forse soprattutto in una scena di
adescamento in Venere Bionda
(Blonde Venus, 1932),
scena girata benissimo, con campi e controcampi sui primi piani, e il
volto di Marlene quasi astratto, con un cappello bianco che le nasconde
gli occhi lasciando in evidenza solo le labbra con la sigaretta. Qui
Marlene, madre ridotta alla fame e alla fuga, attira proprio il
poliziotto che la sta cercando.
Scene così nel film di von Sternberg
sono però buchi neri quasi sempre occultati, per fare spazio a
un’essenza più misteriosa e sacrale. – Von Sternberg adora quell’eccesso
di grazia che non può che fare di Marlene una puttana ambigua, qualcosa
di troppo prezioso per essere comprabile. – Nella versione quasi
folle di Capriccio spagnolo (The
devili s woman, 1935) la vedi che fa impazzire d’amore e
di desiderio il maturo Capitano Castellar (Lionel
Atwill). Il capitano crede di aver comprato l’amore
della bella Conchita Perez, già all’inizio del film, ripianandone i
debiti. Ma non è per una via così breve che la farà sua. Conchita, che
accetta tutto e chiede ancora, scappa e riscapperà ogni volta.
(Chissà se
Svevo conosceva il romanzo di
Louÿs,
quando scrisse La novella del buon vecchio e
della bella fanciulla).