“Esiste una
specie di legione
straniera di
noi donne.”
(Marocco,
1930)
Tra l’amore e la patria, nessun dubbio
(vedi Disonorata,
1931). In anni poi
in cui il nazionalismo è la religione d’Europa, e perfino delle
sue chiese, Marlene che si sacrifica per salvare il nemico amato, è
abietta cento volte più di quanto prometta il titolo.
*°*
{[(Chissà
davvero cos’è la Storia, vista da lei, da quel suo scorrere
sempre via come una luce diafana e assorta, sempre un passo più in là di
tutto: il campo di battaglia e il parco giochi dei maschi, questi
instabili?
I maschi: sempre compresi nel loro
ruolo, stanno sepolti sotto titoli e medaglie, e dentro divise, doveri e
morali come se fossero armature che li tengono dritti da dentro: “Io
sono qui per i miei scolari!” urla il professor Spazzatura dell’Angelo
azzurro (Der Blaue
Engel, 1930),
per ridarsi un contegno dopo l’incanto di Lola…
In
Shangai express,
1932, un prete si presenta in questo modo: “Sono un dottore
in teologia al servizio dell’umanità!” - Questi inguaribili amanti
dell’astratto per il concreto, di fronte a una donna, o la negano o si
perdono.
Anche nell’Imperatrice
Caterina (The Scarlet Empress,
1934), dove Marlene interpreta una delle donne più capaci di
fare sua la virilità del potere, senti frasi molto poco
storiche, di cui un maschio mai sarebbe capace (“Imperatrice! …se
non ho nemmeno il potere di far sparire una ruga?”)… Il film è un
trionfo quasi delirante di un matriarcato lussurioso, mentre l’erede al
trono Pietro III
è un idiota impotente e sadico che decapita soldatini (l’attore,
Sam Jaffe, che del film è
anche produttore, lo ritrovi sedici
anni dopo indimenticabile nella parte di
“Doc” Erwin Riedenschneider
in Giungla d’Asfalto di
John Huston).
Con
Caterina II siamo solo in apparenza agli antipodi della
disonorata che si ritrova nella Grande Guerra nel modo più
impolitico possibile. Sia dal fondo della sventura che dall'alto di un
potere imperiale, la storia è demenza, e questo senza perdersi in
macbethiani orrori metafisici. Maledizioni che non sono che i blablà di
uno sconfitto: è infatti mai stato diverso di così?
*°*
Per la povera vedova di
Disonorata come per la futura
protettrice di Diderot, la
questione non è se la danza scabra della politica abbia un qualche
senso, ma se sia possibile adeguarcisi con un qualche - fosse anche solo
romantico - vantaggio. -
L’Imperatrice Caterina
è il romanzo d’educazione di una ragazza scelta per diventare
prolifica regina di maschi: figli sani che rimpiazzino i residui esangui
e ormai dementi della stirpe degli zar. Marlene-Caterina finisce però
col prendere gusto alla corte, e a persuadersi che la gioia non è
l’amore ma il potere.
Del resto non c’è contrasto, perché
l’amore sensuale ama il potere, e non solo per le donne agisce da
afrodisiaco potente. Così, del tutto coerentemente pornografica è
la sequenza in cui la vedi, zarina di fresco, passare in rassegna i
prestanti ufficiali della guardia con lo sguardo goloso e allegro di chi
già pregusta.
A un certo punto, di lei si dice: “Una
di quelle donne eccezionali che creano per sé leggi speciali”, che è
pari pari il peccato che Dante
attribuisce a Semiramide
lussuriosa nel Quinto canto dell’Inferno
(“che libito fé licito in sua legge”…).
Guarda caso, questo delirio di
von Sternberg è il solo dove
davvero Marlene sia una belle dame
sans merci (J. Keats):
qui fa una giovane Caterina che impara a stare in una reggia barbara e
barocca, dalla smaccata grandiosità di cartapesta, come Alice impara ad
abitare il Paese delle meraviglie: tutto è assurdo e tutto è
indiscutibile. E tutti sappiamo che, se capisci questo, il mondo è tuo.
Il film fu uno dei tanti fallimenti
commerciali della coppia Sternberg-Dietrich. Ma è un altro capolavoro, e
influenzerà l’Einsenstein di
Ivan il terribile.