Spettro - L'intero orecchio della Danimarca...
(Atto I, sc. 5)
Volendo, la Danimarca ne avrebbe anche la forma: un vangoghiano
orecchio reciso, eppure ossessivamente origliante, sospeso sopra la
Germania, a un niente dalla gigantesca Scandinavia di Fortebraccio. E
certo quella di Amleto è una tragedia di orecchie ossessionate, e allo
stesso tempo di «una letale vulnerabilità dell’orecchio» (S. Cavell, Il ripudio del sapere. Lo scetticismo nelle tragedie di
Shakespeare, Torino 2004).
Alle orecchie crede soprattutto
Polonio, martire dell’udito clandestino, che all’inizio raccomanda al
figlio Laerte: «presta il tuo orecchio a tutti, la tua voce a nessuno»
(Atto I, sc. 3). – Poco dopo lo Spettro parla al figlio Amleto
per rivelargli che «Rankly abused» (volgarmente ingannato) è tutto
l’orecchio della Danimarca («The whole ear of Denmark») sulla ragione
della morte del Re (Atto I, sc. 5). Il figlio sarà dunque il
primo a udire («Presta
il tuo orecchio / a ciò che ora avrà da dire»)
che il padre è stato avvelenato: versando «nella conca dei miei
orecchi quell’essenza lebbrosa» (Ibid.).
Niente esclude che proprie queste
parole dello Spettro paterno (?) siano veleno a sua volta lasciato
scorrere nelle orecchie del figlio, ma questo è un discorso che
abbiamo affrontato già in altre parti.
Come Amleto - strategia suicida! -
attacca a fare il matto, sarà tutto un origliare per carpire la natura
della sua follia: prima Claudio e Polonio come
«legittime spie» (Atto III; sc. 1) a
sentirlo insultare Ofelia; poi Polonio da solo nella
closet scene.
Intanto il Re è rimasto shockato
dall’affronto del nipote, che ha osato far mettere in scena dagli
attori un re avvelenato nell’orecchio appunto dal nipote (dunque una
minaccia a lui!?) nell’Omicidio di Gonzago (didascalia
della Pantomima: «Subito
entra un altro, toglie al re la corona, la bacia, verso un veleno
nell’orecchio al dormiente», Atto III, sc. 2).
Il piano di Polonio è sempre lo
stesso: ascoltare nascosto mentre Gertrude spinge Amleto a confidarsi
(«mi piazzerò, se non vi
dispiace, nell’orecchio / di tutto il loro colloquio», Atto III,
sc. 2). Ma morrà infilzato dietro l’arazzo. Tragedia del tutto
minore per madre e figlio che gli dedicano non più di una parentesi.
Amleto fresco di primo omicidio riprende infatti come se niente fosse
a urlare contumelie alla madre: parole che la regina sente «come
pugnali che entrano nelle orecchie» («These
words like daggers enter in my ears»,
Atto III, sc. 4).
Amleto, che perfora le orecchie
altrui (soprattutto di donne che gli vogliono bene), non ha orecchie
abbastanza per intercettare che il Re inginocchiato a parlucchiare con
Dio (Atto III, sc. 3), non ha neppure osato chiedere perdono
per l’omicidio del fratello; può dunque essere ucciso senza per questo
spedirlo in paradiso, come il principe invece va farneticando.
Come tutta questa storia finisce,
lo sappiamo: arrivano sul disastro finale gli Ambasciatori con un
messaggio ormai per nessuno:
« Gli orecchi che dovevano ascoltarci / Non hanno più udito per
sentire che i comandi / Sono stati eseguiti, / e Rosencrantz e
Guildenstern sono morti. / Chi ci ringrazierà adesso?» (Atto V,sc.
2).