AMLETO - un
temperanza che dia alla passione morbidezza.
(Atto III, sc.2)
«Non si tratta
di sopprimere la parola articolata, ma di dare alle parole
all’incirca l’importanza che hanno nei sogni.»
(A.
ARTAUD, Il teatro e il suo doppio)
«Da quando
sono completamente dedito alla prosa, non leggo più
Shakespeare.»
(E. M. Cioran,
Quaderni. 1957-1972, Milano 2001)
«Però
Shakespeare non ha rime: versi sciolti. Il fluire della lingua,
ecco. I pensieri solenni. Amleto, io son lo spirito di tuo padre…»
(J. Joyce,
Ulisse)
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«Il
ritmo di Shakespeare è il primo fondamento della sua
poesia. Il metro ha suggerito a Shakespeare parte dei suoi pensieri,
le parole delle sue formulazioni. Il ritmo sta alla base dei testi
shakespeariani, non li incornicia a completamento. Alcuni capricci
stilistici di Shakespeare si spiegano con le esplosioni del ritmo.
E’ la forza motrice del ritmo che dispone l’ordine delle domande e
delle risposte nei dialoghi, la rapidità del loro avvicendamento,
la lunghezza o la brevità del suo periodare nei monologhi.
Questo ritmo rispecchia la
laconicità invidiabile dell’inglese, che consente di conchiudere in
un solo verso giambico un’intera sentenza composta di due o più
proposizioni reciprocamente antitetiche. E’ il ritmo di una libera
personalità storica, che non si crea idoli e perciò è sincera e
conscia.»
(B. Pasternak, Annotazioni
alle tragedie shakespeariane, in Quintessenza, Venezia
1990)
«Quando
le parole si affollano «come in un vortice selvaggio»,
devono essere dette come in un vortice selvaggio.»
(O. Wilde, “Amleto” al
Lyceum, in Autobiografia di un dandy, Milano 1996)
«La
caratterizzazione ritmica dell’Amleto è
smagliante, come in rilievo. Polonio, o il re, o Guildenstern o
Rosencrantz parlano in una maniera, Laerte, Ofelia, Orazio e così
via in un’altra. La credulità della regina s’indovina non soltanto
dalle sue parole, ma altresì dalla maniera di parlare con la
cantilena, e di allungare le vocali.»
(B. Pasternak, Annotazioni
alle tragedie shakespeariane, in Quintessenza, Venezia
1990)
«Amleto
si esprime alternativamente in versi e in prosa. Parla in versi nei
monologhi interiori e quando rivolge agli altri discorsi pregni di
violenta passione, come nella scena con la madre. Altrimenti, la
regola è che parli in prosa. C’è uno stretto rapporto tra prosa e
poesia in questa fase del teatro shakespeariano. Gli ultimi drammi
manifestano la tendenza a sfruttare la poesia con maggiore
selettività. La prosa subentra quando Shakespeare è stufo o ha
bisogno di riempire qualche buco. Nell’Antonio e Cleopatra ai
personaggi noiosi è riservata la prosa, a quelli scolpiti a tutto
tondo la poesia.»
(W. H. Auden, Lezioni su
Shakespeare, Milano 2007)
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«LA
RECITAZIONE – Gli attori reciteranno con verità, senza
nessuna intenzione prestabilita per questo lavoro, né nella dizione,
né nella pantomima. (…) Senza sacrificare nulla della spontaneità
propria di ciascun attore, il tono delle voci, la gesticolazione, i
movimenti dell’insieme, saranno calcolati per obbedire a un ritmo in
cui ogni cosa sarà al suo posto.
La messa in scena su cui regge il
lavoro funzionerà come un congegno ben caricato. E tutto vi si
conformerà, dall’insieme ai minimi particolari. Le evoluzioni dei
personaggi, le loro entrate e uscite, i loro scontri, il loro
incrociarsi, saranno regolati una volta per tutte con meticolosa
precisione, che arriverà a prevedere, se è possibile, anche il caso.
Gli sarà assegnata una parte fin dal principio, durante il lavoro
delle prove, invece di dargliela alla fine. Ecco tutto.
Ma una volta preordinata la
messinscena, e preordinato in modo da lasciare un margine alle
reazioni giornaliere degli attori, come pure a quelle del pubblico,
tutto dovrà conformarvisi.»
(A. Artaud, Il teatro e il
suo doppio)
«E
non posso farci niente se alla magnifica retorica
cornelliana, in cui la passione è declinata secondo le regole di
un’immutabile grammatica, preferisco i violenti brandelli dl
dialogo shakespeariano.»
(J. Kott, Shakespeare nostro
contemporaneo, Milano 2006)
«Il
dramma, la tragedia parlata, non ha alcun
effetto sonoro presso di noi. E’ un fatto singolare che la
lettura di un pezzo shakespeariano susciti in noi un effetto
molto più elevato della sua rappresentazione in scena.
L’attore è infatti uomo moderno: egli si trova in
contraddizione con la tragedia»
(F.
Nietzsche, Frammenti postumi. Vol. II: Inverno 1870-1871
– Primavera 1872, Milano 2004)
«solo
la metrica era concessa come ‘materia teatrale’»
(Silvia Pasello, in: A CB. A Carmelo Bene, a cura di G.
Costa, Roma 2003)
«Shakespeare
non accettò subito il blank verse come un dono dalla mano
di Marlowe, ma vi giunse personalmente dopo avere a lungo
sperimentato la rima.»
(O Wilde, Ben Jonson,
1880, in Autobiografia di un dandy, Milano 1996)
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