"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 13 settembre 2007

 


 

n. 13 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 13

 

 

 

49. Il ritmo

 

 

 


 

AMLETO - un temperanza che dia alla passione morbidezza.

(Atto III, sc.2)

 

«Non si tratta di sopprimere la parola articolata, ma di dare alle parole all’incirca l’importanza che hanno nei sogni.»

(A.  ARTAUD, Il teatro e il suo doppio)

 

«Da quando sono completamente dedito alla prosa, non leggo più Shakespeare.»

(E. M. Cioran, Quaderni. 1957-1972, Milano 2001)

 

«Però Shakespeare non ha rime: versi sciolti. Il fluire della lingua, ecco. I pensieri solenni. Amleto, io son lo spirito di tuo padre…»

(J. Joyce, Ulisse)

 


«Il ritmo di Shakespeare è il primo fondamento della sua poesia. Il metro ha suggerito a Shakespeare parte dei suoi pensieri, le parole delle sue formulazioni. Il ritmo sta alla base dei testi shakespeariani, non li incornicia a completamento. Alcuni capricci stilistici di Shakespeare si spiegano con le esplosioni del ritmo. E’ la forza motrice del ritmo che dispone l’ordine delle domande e delle  risposte nei dialoghi, la rapidità del loro avvicendamento, la lunghezza o la brevità del suo periodare nei monologhi.

Questo ritmo rispecchia la laconicità invidiabile dell’inglese, che consente di conchiudere in un solo verso giambico un’intera sentenza composta di due o più proposizioni reciprocamente antitetiche. E’ il ritmo di una libera personalità storica, che non si crea idoli e perciò è sincera e conscia.»

(B. Pasternak, Annotazioni alle tragedie shakespeariane, in Quintessenza, Venezia 1990)

 

 

 

«Quando le parole si affollano «come in un vortice selvaggio», devono essere dette come in un vortice selvaggio.»

(O. Wilde, “Amleto” al Lyceum, in Autobiografia di un dandy, Milano 1996)

 

«La caratterizzazione ritmica dell’Amleto è smagliante, come in rilievo. Polonio, o il re, o Guildenstern o Rosencrantz parlano in una maniera, Laerte, Ofelia, Orazio e così via in un’altra. La credulità della regina s’indovina non soltanto dalle sue parole, ma altresì dalla maniera di parlare con la cantilena, e di allungare le vocali.»

(B. Pasternak, Annotazioni alle tragedie shakespeariane, in Quintessenza, Venezia 1990)

 

 

«Amleto si esprime alternativamente in versi e in prosa. Parla in versi nei monologhi interiori e quando rivolge agli altri discorsi pregni di violenta passione, come nella scena con la madre. Altrimenti, la regola è che parli in prosa. C’è uno stretto rapporto tra prosa e poesia in questa fase del teatro shakespeariano. Gli ultimi drammi manifestano la tendenza a sfruttare la poesia con maggiore selettività. La prosa subentra quando Shakespeare è stufo o ha bisogno di riempire qualche buco. Nell’Antonio e Cleopatra ai personaggi noiosi è riservata la prosa, a quelli scolpiti a tutto tondo la poesia.»

(W. H. Auden, Lezioni su Shakespeare, Milano 2007)

 

 

«LA RECITAZIONE – Gli attori reciteranno con verità, senza nessuna intenzione prestabilita per questo lavoro, né nella dizione, né nella pantomima. (…) Senza sacrificare nulla della spontaneità propria di ciascun attore, il tono delle voci, la gesticolazione, i movimenti dell’insieme, saranno calcolati per obbedire a un ritmo in cui ogni cosa sarà al suo posto.

La messa in scena su cui regge il lavoro funzionerà come un congegno ben caricato. E tutto vi si conformerà, dall’insieme ai minimi particolari. Le evoluzioni dei personaggi, le loro entrate e uscite, i loro scontri, il loro incrociarsi, saranno regolati una volta per tutte con meticolosa precisione, che arriverà a prevedere, se è possibile, anche il caso. Gli sarà assegnata una parte fin dal principio, durante il lavoro delle prove, invece di dargliela alla fine. Ecco tutto.

Ma una volta preordinata la messinscena, e preordinato in modo da lasciare un margine alle reazioni giornaliere degli attori, come pure a quelle del pubblico, tutto dovrà conformarvisi.»

(A. Artaud, Il teatro e il suo doppio)

 

 

 

 «E non posso farci niente se alla magnifica retorica cornelliana, in cui la passione è declinata secondo le regole di un’immutabile grammatica, preferisco i violenti brandelli dl dialogo shakespeariano.» (J. Kott, Shakespeare nostro contemporaneo, Milano 2006)

 

«Il dramma, la tragedia parlata, non ha alcun effetto sonoro presso di noi. E’ un fatto singolare che la lettura di un pezzo shakespeariano susciti in noi un effetto molto più elevato della sua rappresentazione in scena. L’attore è infatti uomo moderno: egli si trova in contraddizione con la tragedia»

(F. Nietzsche, Frammenti postumi. Vol. II: Inverno 1870-1871 – Primavera 1872, Milano 2004)

 

 

 

«solo la metrica era concessa come ‘materia teatrale’» (Silvia Pasello, in: A CB. A Carmelo Bene, a cura di G. Costa, Roma 2003)

 

«Shakespeare non accettò subito il blank verse come un dono dalla mano di Marlowe, ma vi giunse personalmente dopo avere a lungo sperimentato la rima.»

(O Wilde, Ben Jonson, 1880, in Autobiografia di un dandy, Milano 1996)

 


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