"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 12  settembre 2007

 


 

n. 12 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 12

 

 20. Servizi deviati, spie legittime

 

 

 

 


 

AMLETO -  Non fate mai parola di ciò che avete visto stanotte.

(Atto I, sc. 5)

«…tutti coinvolti, come investigatori, mandanti o informatori, in una serie di indagini e controindagini parallele…»

(G. Melchiori, Shakespeare, Roma-Bari, 2005).

 

AMLETO (al cadavere di Polonio) – Vedi che succede a fare il ficcanaso?

(Atto III, sc. 4)

 

Doppia Danimarca: è in festa per il matrimonio di Gertrude e Claudio e allo stesso tempo cupamente intenta ai preparativi della guerra contro la Norvegia. E’ quasi Natale eppure appaiono fantasmi. Nessuno sa cosa potrà accadere ma pessimi prodigi promettono disastri. A corte la pratica dello spionaggio è talmente consueta da tenere tutti in uno stato di cronica paranoia. Prima ancora che accada tutto, Amleto già raccomanda a se stesso di «trattenere la lingua» (Atto I, sc. 2); anche le confidenze a Orazio delle sentinelle sull’apparizione dello Spettro sono fatte in «atterrita segretezza» (dreadful secrecy, Ibid.). Rivelato tutto ad Amleto, l’obbligo di tenersi al segreto è ribadito come un delirio: «Vi prego tutti, / se avete celato fin qui la vostra visione, / serbatela ancora nel vostro silenzio, / e qualsiasi altra cosa possa accadere stanotte, / datele intelligenza ma non lingua» (Ibid.).

A mezzanotte lo Spettro rivela ad Amleto cose terribili. Quali? Ancora stravolto dalla visione, Amleto annaspa e rivela ai compagni che il succo del discorso dello Spettro è che «non v’è un solo furfante in tutta la Danimarca che non sia un briccone matricolato». A parte la tautologia (in Danimarca tutti i furfanti sono bricconi), è chiaro che Orazio capisce lo stato d’animo del principe ed è dolce quando replica: «Signore, non c’è bisogno che un fantasma venga dalla tomba per dire questo» (Ibid.). Seguono però altre «parole assurde e sconnesse». Il punto è che Marcello e Orazio hanno visto il fantasma. Amleto: «terrete il segreto?». Non c’è assicurazione dei due che basti: «Giurate!». Marcello e Orazio se lo vedono chiedere sei volte, tre da Amleto e tre dallo Spettro! E per commiato ancora: «e sempre il dito sulle labbra…» (Atto I, sc. 5). Così finisce il primo atto.

Il secondo comincia con Polonio-Pollari che fa spiare suo figlio da Rinaldo («scovami per prima cosa, / quali danesi si trovano a Parigi…[…] Così, seguendo questa mia lezione e istruzione, / tu scoprirai mio figlio», Atto II, sc. 2): qui parla da professionista navigato e le istruzioni e i metodi sono un manuale ancora ottimo per chi aspira a una carriera tra Vallettopoli et similia («lascia star le domande sulle minuzie…» Atto II, sc. 1).

E dunque, persino quel libricino aperto di Laerte, il giovane clone del padre (vedi le raccomandazioni a Ofelia per la sua verginità), viene spiato!… Rispetto al plot, questa scena può sembrare un vicolo cieco: di questa inchiesta, «la meno necessaria di tutte», (G. Melchiori, Shakespeare, Roma-Bari, 2005) in effetti non si saprà mai nulla, ma qui si illustra la «scelta di metodo» dello «stato di Polizia» (Ibid.), il suo indagar comunque su tutto e su tutti... - Soprattutto Ofelia, corteggiata da Amleto, è sotto il panottico del consigliere: «Mi si dice che molto spesso, di recente, / ti ha dedicato il suo tempo…» (Ibid.).  

Il difetto dei servizi, si sa, è spesso di richiedere il servizio e figuri ambigui, dilettanti e cialtroneschi. Nella scena seguente, Claudio chiede a Rosencrantz e Guildenstern, amici del figliastro, se sanno qualcosa a proposito della «Hamlet’s transformation» e «di spigolare, se qualcosa, se qualcosa a noi ignota / lo affligge, cosicché, scoperta, la si possa rimediare» (Atto II, sc. 2). Amleto, che si fiderà dei due «come di serpi velenose» (Atto III, sc. 4), appena si mette a fare il matto, è subito circondato: Rosencrantz e Guildenstern da una parte, Polonio e Claudio e dall’altra con Ofelia a far da esca: «Il padre di lei, ed io stesso, legittime spie, ci collocheremo così che, vedendo non veduti, possiamo liberamente giudicare del loro incontro…» (Atto III, sc. 1).

 

 

 

Nel dramma in cui i vecchi spiano sempre più allarmati figli e figliastri per intercettare parole più chiare, il controspionaggio di Amleto e Orazio cerca figure eloquenti. Potremmo anche dire che Amleto ha dalla sua la ragione, «poiché onesto è quell’inganno che confonde colui che ha tramato inganni per primo» (Enrico VI Parte II, Atto III, sc. 1). Ma senza arrivare a risultati meno controversi di quelli di Polonio-Pollari. Del resto nell’Elsinore dell’Amleto non c’è uno che cavi un ragno dal buco.

 

Come si sa, Polonio che era solerte e avrebbe cercato «dove la verità è nascosta, fosse pure veramente al centro della terra” (Atto II, sc.2), sarà il martire di questo attaccamento al servizio («io mi collocherò dietro l’arazzo per ascoltare ciò che ne seguirà» Atto III, sc. 2). Prima di sparirci, con questa battuta diventa un caso da ultime parole famose: »Mi zittirò qui dietro» (Atto III, sc. 4).

Aver urlato aiuto da dietro un arazzo non ne fa un James Bond, ma se ci fosse stato il tempo le istituzioni avrebbero consegnato una medaglia alla memoria alla moglie inconsolabile. E invece per epitaffio il sarcasmo di Amleto: «…Davvero questo consigliere / è molto silenzioso ora, molto segreto…» (Atto III; sc. 4). 

 


 

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