"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 13 settembre 2007

 


 

n. 13 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 13

 

 

 

 

47. Non andare mai a Wittenberg

 

 

 

 


 

AMLETO - E che fai, Orazio,

lontano da Wittenberg?»

(Atto I, sc. 3)

 

«Non Troia ma Wittenberg sarà distrutta»

(C. Marlowe, Dottor Faustus, Atto V, sc. 1)

 

«Egli filò troppa stoppa erudita…

Il suo migliore agire è il pensare;

troppo a lungo è rimasto a Wittenberg,

nelle aule e nelle taverne.»

(F. FREILIGRATH, Deutschland ist Hamlet, 1848)


 

  

Saccheggiamo da: H. Gatty, Il teatro della coscienza. Giordano Bruno e Amleto, Roma 1998.

 

 

 

Giordano Bruno soggiornò a Londra dalla primavera del 1583 all’autunno del 1585. Quasi di certo fu conosciuto, oltre che da Philip Sidney, al quale dedicò Lo spaccio del la bestia trionfante del 1584 e De gli eroici furori del 1585 (entrambi pubblicati a Londra), da Marlowe che qualcosa potrebbe avervi attinto per il suo Doctor Faustus... 

 

Giordano Bruno fu ospite anche all’università di Oxford dove però suscitò «la reazione scandalizzata da parte dei docenti universitari, che probabilmente interruppero le sue lezioni, e certamente lo accusarono a più riprese di essere totalmente pazzo». Questo perché osò presentare come plausibile l’universo senza centro di Copernico. Bruno stesso raccontò che, dopo la pubblicazione de La cena de le ceneri, anch’esse filocopernicane, dovette rifuggiarsi a Londra, all’ambasciata francese, perché sovvertitore dell’ordine di «tutta una città, tutta una provinzia, tutto un regno».

 

Di questa vigilanza filotolemaica c’è prova per esempio in George Abbott, futuro arcivescovo di Canterbury, che nel 1604 scrisse di Bruno che aveva la testa che gli «girava mentre il cervello rimaneva fermo». Sul lato opposto stava John Florio, già amico di Bruno, importante soprattutto per la traduzione dei Saggi di Montaigne e che, proprio nella sua introduzione To the curteous Reader, ricorda il «compagno Nolano» bruciato tre anni prima perché «heretico ostinatissimo» e «auttore di diverse enormi opinioni» .

 

Tutto questo per dire che potrebbe ben essere che Shakespeare ne abbia sentito o addirittura letto qualcosa. Dopo l’Inghilterra, Bruno andò presto a insegnare a Wittenberg, università del Doctor Faustus di Marlowe e di Amleto.

 

 

Lì almeno fu liberissimo. Su questo vedi la lettera di dedica, al Senato dell’università, del  De lampade combinatoria Lulliana (Wittenberg, 1587), dove ne parla come dell’Atene della Germania; e poi l’Oratoria valedictoria, letta a tutti i docenti l’8 marzo del 1588, dove da Atene l’università di Wittenberg assurge a Minerva: dea che meglio di Venere chiama a sé «con mille voci gli uomini di tutte le parti della terra».

 

Segni magari labili di una possibile conoscenza: Shakespeare fa di Amleto uno studente di Wittenberg (a questo antecedente del dramma dedicò il suo Hamlet in Wittenberg, nel 1935, Gerhart Hauptmann) e chiama Polonio, il ministro pedante, con nome molto vicino a quello di Polinnio, il pedante del dialogo De la causa, principio et uno (Londra, 1584).

Nel Candelaio Ottaviano chiede al pedante Mamfurio: «Che è la materia di vostri versi?» e si  sente rispondere una tautologia familiare agli amletofili anche di grado elementare: «Litterae, syllabae, dictio et oratio, partes propinquaae et remotae».

 

 

 

Tutti gli studiosi consultati concordano che Wittenberg arrivi a Shakespeare dal Doctor Faustus di Marlowe. E’ la fonte più diretta e famosa. Ma questo non esclude che Shakespeare sapesse qualcosa, o molto, delle fonti di Marlowe. Come definire Faustus? «Il dottore della luterana Wittenberg, la città della Riforma (e la città, naturalmente, in cui studia il giovane Amleto), e cioè un intellettuale, la cui passione dominante è appunto una passione intellettuale, la cui “azione” è un’azione interiore e il cui peccato è un peccato della mente» (A. Lombardo, L’eroe tragico moderno, Roma 2005).

 


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