AMLETO - E che
fai, Orazio,
lontano da
Wittenberg?»
(Atto I, sc.
3)
«Non Troia ma
Wittenberg sarà distrutta»
(C. Marlowe,
Dottor Faustus, Atto V, sc. 1)
«Egli filò
troppa stoppa erudita…
Il suo
migliore agire è il pensare;
troppo a lungo
è rimasto a Wittenberg,
nelle aule e
nelle taverne.»
(F. FREILIGRATH, Deutschland ist Hamlet, 1848)
Saccheggiamo da: H.
Gatty, Il teatro della coscienza. Giordano Bruno e Amleto,
Roma 1998.
Giordano Bruno soggiornò
a Londra dalla primavera del 1583 all’autunno del
1585. Quasi di certo fu conosciuto, oltre che da Philip Sidney,
al quale dedicò Lo spaccio del la bestia trionfante del
1584 e De gli eroici furori del 1585
(entrambi pubblicati a Londra), da Marlowe che qualcosa
potrebbe avervi attinto per il suo Doctor Faustus...
Giordano Bruno fu ospite
anche all’università di Oxford dove però suscitò «la reazione
scandalizzata da parte dei docenti universitari, che probabilmente
interruppero le sue lezioni, e certamente lo accusarono a più riprese
di essere totalmente pazzo». Questo perché osò presentare come
plausibile l’universo senza centro di Copernico.
Bruno stesso raccontò che, dopo la pubblicazione de La cena
de le ceneri, anch’esse filocopernicane, dovette rifuggiarsi a
Londra, all’ambasciata francese, perché sovvertitore dell’ordine di
«tutta una città, tutta una provinzia, tutto un regno».
Di questa vigilanza
filotolemaica c’è prova per esempio in George Abbott, futuro
arcivescovo di Canterbury, che nel 1604 scrisse di Bruno che
aveva la testa che gli «girava mentre il cervello rimaneva fermo». Sul
lato opposto stava John Florio, già amico di Bruno, importante
soprattutto per la traduzione dei Saggi di Montaigne
e che, proprio nella sua introduzione To the curteous Reader,
ricorda il «compagno Nolano» bruciato tre anni prima perché «heretico
ostinatissimo» e «auttore di diverse enormi opinioni» .
Tutto questo per dire che
potrebbe ben essere che Shakespeare ne abbia sentito o
addirittura letto qualcosa. Dopo l’Inghilterra, Bruno andò presto a
insegnare a Wittenberg, università del Doctor Faustus
di Marlowe e di Amleto.
Lì almeno fu liberissimo.
Su questo vedi la lettera di dedica, al Senato dell’università, del
De lampade combinatoria Lulliana (Wittenberg, 1587),
dove ne parla come dell’Atene della Germania; e poi l’Oratoria
valedictoria, letta a tutti i docenti l’8 marzo del
1588, dove da Atene l’università di Wittenberg assurge a Minerva:
dea che meglio di Venere chiama a sé «con mille voci gli uomini di
tutte le parti della terra».
Segni magari labili di
una possibile conoscenza: Shakespeare fa di Amleto uno studente di
Wittenberg (a questo antecedente del dramma dedicò il suo
Hamlet in Wittenberg,
nel 1935,
Gerhart Hauptmann)
e chiama Polonio, il ministro pedante, con nome molto vicino a
quello di Polinnio, il pedante del dialogo De la causa,
principio et uno (Londra, 1584).
Nel Candelaio
Ottaviano chiede al pedante Mamfurio: «Che è la materia di vostri
versi?» e si sente rispondere una tautologia familiare agli
amletofili anche di grado elementare: «Litterae, syllabae, dictio et
oratio, partes propinquaae et remotae».
Tutti gli studiosi consultati
concordano che Wittenberg arrivi a Shakespeare dal Doctor
Faustus di
Marlowe. E’ la fonte più diretta e famosa.
Ma questo non esclude che Shakespeare sapesse qualcosa, o molto, delle
fonti di Marlowe. Come definire Faustus? «Il dottore della luterana
Wittenberg, la città della Riforma (e la città, naturalmente, in cui
studia il giovane Amleto), e cioè un intellettuale, la cui passione
dominante è appunto una passione intellettuale, la cui “azione” è
un’azione interiore e il cui peccato è un peccato della mente» (A.
Lombardo, L’eroe tragico moderno, Roma 2005).