"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 13 settembre 2007

 


 

n. 13 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 13

 

 

 

46. Coniugi

 

 

 


ATTORE REGINA:

Che non mi dia più cibo la terra, il cielo luce,

neghi il giorno la gioia e la notte la pace,

la fede e la speranza siano disperazione,

la mia vita sia quella d'un romìto in prigione,

e ogni contrasto che la gioia sbianca

urti e distrugga ciò che più mi manca,

e qui e dopo eterna discordia mi sia data

se, una volta vedova, sarò mai maritata.

(Atto III; sc. 2)

 

 

«Ci sono due eccezioni significative alla riluttanza, o all’incapacità, di Shakespeare di immaginare una coppia sposata in una relazione confortante, intimo sodalizio, ma sono entrambe strane in modo inquietante: Gertrude e Claudio in Amleto e i due Macbeth. Entrambi i matrimoni sono forti, ciascuno a modo proprio, ma sono anche profondamente disturbati, addirittura spaventosi negli scorci che aprono sull’intimità sincera delle due coppie. L’infame Claudio, fraudolento in quasi tutto ciò che dice, parla con tenerezza insolitamente convincente dei sentimenti che prova per la moglie: «Lei congiunge a tal punto la mia anima e la mia vita, / che come la stella si muove solo nella propria orbita, / io posso muovermi solo nella sua» (Atto IV, sc. 7, vv. 14-16). E Gertrude, da parte sua, sembra altrettanto devota. Non solo ratifica il tentativo di Claudio di adottare Amleto come proprio figlio - «Amleto, hai molto offeso tuo padre», lo sgrida lei dopo che Amleto ha messo in scena il teatro nel teatro per colpire la coscienza dello zio (Atto III, sc. 4, v. 9). – ma, soprattutto, la espone l’eroismo con cui difende il marito rischiando la propria vita quando Laerte fa irruzione a palazzo. Deciso a vendicare l’assassinato Polonio, Laerte è assetato di sangue, e Shakespeare fornisce, come faceva spesso nei momenti cruciali, un’indicazione testuale di come avrebbe voluto la messa in scena. Gertrude sembra gettarsi tra il marito e il vendicatore; in realtà deve bloccare fisicamente Laerte che in quel momento è fuori di sé, perché Claudio ripete due volte: «Lascialo andare, Gertrude», Alla richiesta di Laerte, «Dov’è mio padre?» Claudio risponde schietto: «morto»; al che Gertrude aggiunge immediatamente: «Ma non è stato lui» (Atto IV, sc. 5, vv. 119, 123-125)

(S. Greenblatt, Vita, arte e passioni di William Shakespeare, capocomico, Torino 2005)

 

 

«Ad Anne, che gli era stata moglie per trentaquattro anni, non lasciò nulla. Assolutamente nulla.»

(Ibid.)


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