"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 13 settembre 2007

 


 

n. 13 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 13

 

 

 

32. Eufuisti per cornacchie

 

 

 


 

«Ma c’è anche della frivolezza nella poesia. Shakespeare mette alla berlina gli eufuisti sia in Pene d’amor perdute sia nell’Amleto, ma nei suoi confronti ha un grosso debito e lo sa bene.»

(W. H. Auden, Lezioni su Shakespeare)

 

 

«Fino al Mercante di Venezia, e cioè per tutti gli anni del suo tirocinio, Shakespeare aveva soltanto saputo alimentare promesse di personaggi, più che personaggi reali. Basti rilevare le circostanze che i più vivi esemplari umani animati da Shakespeare, fin lì, avevano saputo essere insistentemente dei dandies raffinati, degli incorreggibili «uomini superflui»: Berowne di Love’s Labour’s Lost, Mercutio di Romeo and Juliet, re Riccardo II. E bisogna tener presente che un dandy e un «uomo superfluo»sarà anche il personaggio più scandalosamente vezzeggiato da Shakespeare: Amleto»

(G. Baldini, Manualetto shakespeariano, Torino 1967).  

 

Per Nemi d’Agostino però la lambiccata letterina a Ofelia è «evidentemente una parodia d’una lettera d’amore, ma le intenzioni di Amleto diventano ancora più enigmatiche». Forse però, quando di Amleto si dice «evidentemente», ci si scotta invariabilmente.

 

Il discorso ci porterebbe a un altro luogo di ambiguità, roba però da talk-show del pomeriggio: Amleto ama davvero Ofelia? Riduciamoci a questioni di stile. Del biglietto in cui le dichiara che può dubitare delle stelle nel cielo ma non che lui non lami, si potrà dire che «c’era tanto amore in rima quanto ne può venir stipato in un foglio di carta» (Pene d’amor perdute, Atto V, sc. 2), che guarda caso è la frase di una donna. Soprattutto le donne sanno che la maschile isteria per la dichiarazione d’amore e l’amore sono cose tra loro diverse come il dire dal fare, e che per l’enfasi del desiderio scatenato un vergine Romeo finisca, «invece di leggere, di recitare a memoria» come sue frasi evidentemente di altri (così Fra’ Lorenzo in Romeo e Giulietta, Atto II, sc. 3).

 

Niente di meno autentico, dunque, del neofita: come in poesia all’inizio di ogni carriera c’è un poeta pessimo ed enfatico che cede all’afflato autentico di versi terribili, ogni amante agli albori niente di più suo sentirà delle frasette delle caramelle. Col tempo, l’eleganza di una buona finzione salvaguarderà molto meglio la verità («quanto più vera è la poesia tanto più è piena di finzioni. Ora gli amanti sono dediti alla poesia, e ciò che essi giurano in poesia, si può dire che, come amanti, lo fingono», A piacer vostro, Atto II, sc. 3). E anche questo chissà per quanto potrà essere vero. A parlare e scrivere d’amore, si sta sospesi sul filo dell’incredibile, anche perché tra una dichiarazione sincera e una simulazione (problema con finezza affrontato, ma anche qui senza soluzione persuasiva, anche nel Libro del Cortigiano di Castiglione) tecnicamente la differenza è nulla.

Così, come non capire chi dice «preferisco sentire il mio cane che abbaia alle cornacchie che non un uomo giurarmi che m’ama»  (Molto rumore per nulla, Atto I, sc. 1)?


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