AMLETO - Vuoi
sapere in due parole ciò che scrissi?
(Atto V, sc. 2)
«Hamlet,
con i suoi sonetti…»
(T. S. Eliot,
Amleto e i suoi problemi, in Il bosco sacro)
«Ma c’è anche
della frivolezza nella poesia. Shakespeare mette alla berlina gli
eufuisti sia in Pene d’amor perdute sia nell’Amleto, ma
nei suoi confronti ha un grosso debito e lo sa bene.»
(W. H. Auden,
Lezioni su Shakespeare)
«Ecco il
manoscritto, William, ve lo affido, non perdetemelo; senza scherzi, ci
tengo.»
(Jules Laforgue,
Amleto, ovvero Le conseguenze della pietà filiale)
Ci vuol molto entusiasmo per
pensare che Amleto sia l’unico dei personaggi di Shakespeare che
avrebbe potuto scrivere tutte le opere del Bardo (cfr.
Andrew Bradley, La tragedia di
Shakespeare, 1904), o reinventarsi almeno come un
Amleto à la Laforgue. Al massimo, gli si potrà concedere
una genialità non più che potenziale, tagliata nel fior fiore degli
anni dell’apprendistato cortese e wittenberghiano, con lo stato
dell'arte fermo al grado mille del manierismo.
Al momento però, stando cinicamente
ai testi, ha ragione Polonio, il quale, come Jago, ama fare il
critico: di uno che scrive «Alla celestiale, e idolo dell’anima
mia, la molto abbellita Ofelia» che dire? E perfino «nel suo
eccellentemente bianco seno»… per arrivare all’iperbole da Bacio
Perugina del «Nega degli astri il fuoco / nega il raggio del vero
/ nega del sole il moto / ma non negare l’amor mio sincero»! - Se
è il primo dei parodici sarcasmi ai danni della povera ragazza, non è
fine. Ma il biglietto è precedente all’apparizione dello Spettro, che
castra all’istante Amleto d'amore e desiderio per Ofelia. Si potrebbe
quindi soprattutto sospettare che, come tanti dicitori finissimi e
liberi improvvisatori di calembours, con la penna in mano il
talento parolaio del principe si sgonfi come un soufflet.
Vedi la fine del biglietto:
Il tuo per
sempre, carissima signora, finché la macchina del corpo gli
appartiene, Amleto.
La macchina del corpo… peggio di
Polonio.