AMLETO - Noi
sfidiamo i presagi. C’è una speciale provvidenza nella caduta di un
passero. Se è ora, non è a venire. Se non è a venire, sarà ora; se non
è ora pure è a venire. Essere pronti è tutto. Poiché nessun uomo sa
nulla di ciò che lascia, che è lasciare prima del tempo? Sia come sia.
(Atto V, sc. 2)
«Tutto quel chè,
o è cqua o llà, o vicino o lungi, adesso o poi, o presto o tardi.»
(G. Bruno,
Candelaio)
«Il caso nella
vita non esiste…»
(Plotino,
Enneadi, IV, 4, 35)
Essendo Iddio l’essere costretto
eternamente al meglio di Sé, e di conseguenza al meglio per ogni sua
propria creatura (cfr. Leibniz, Monadologia e
Teodicea), essendo quindi il reale un rancio per ogni stomaco
sempre ottimo e razionale (Leibniz & Hegel!),
allora sì che c’è una “Special providence” nella caduta d’un
passero!
Figurarsi in quella di un principe.
“Special” nel senso di
assolutamente adeguata, perfettamente personalizzata, calzante al
nanomètro su ogni curva della ciccetta dell’esemplificativo passero,
come il migliore dei guanti passeracei!
Amleto, quindi, non ha niente da
scegliere, nessun dilemma su cui oscillare e far l’asino di Buridano.
- Niente più che abbandonarsi al vortice predisposto ormai per lui
perfettamente (Special providence!), e infilarsi perdutamente
in
gnommeri d’eventi che per un introverso intelligente qual
lui è, saranno sempre stupidi (C. G. Jung, Tipi psicologici)
– ma ancora non può immaginare quanto.
Non c’è, sul bordo della fine, che
un molto ateo (all’antica: a-theos, abbandonato da Dio) «Let be»:
un hapax, quindi magari sintomaticissimo, della voce
subliminale del testo? - Che si faccia, che si accada, che si finisca
– almeno - la vita: la vita che, anche qui, «lasciamo ai
camerieri» (Villiers de l’Isle, citato anche nell’Ulisse,
nell’inarrivabile capitolo sull’Amleto secondo
Stephen Dedalus).