- Il dramma ha inizio. Un
attore spunta nell'ombra, ravvolto nella cotta smessa di un
damerino di corte, un uomo ben piantato con voce di basso. È
lo spettro, il re, re ma non re, e l'attore è Shakespeare
che ha studiato l'Amleto per tutti gli anni di sua vita che
non furono vanità per recitare proprio la parte del
fantasma. Parla a Burbage, il giovane attore che gli sta
davanti, al di là delle bende funebri, chiamandolo per nome:
Amleto, io sono lo spirito di tuo padre, ordinandogli di
ascoltare. A un figlio egli parla, il figlio dell'anima sua,
il principe, il giovane Amleto e al figlio del suo corpo,
Hamnet Shakespeare, che è morto a Stratford affinché il suo
omonimo potesse vivere per sempre.
- È possibile che
quell'attore Shakespeare, spettro per assenza, e in veste
del sepolto signore di Danimarca, spettro per morte, che
diceva le sue parole al nome del proprio figlio (se Hamnet
Shakespeare fosse vissuto sarebbe stato il gemello del
principe Amleto) è possibile, vorrei sapere, o probabile che
egli non traesse o prevedesse la conclusione logica di
quelle premesse: tu sei il figlio spodestato: io sono il
padre assassinato: tua madre è la regina colpevole. Ann
Shakespeare, nata Hathaway?
(J. JOYCE, Ulysses, traduzione italiana di Giulio de
Angelis, Ulisse, Mondadori, Milano 1960, p. 205)
La voce: lettura di Giulio
Morgan
*°*
(Harold Bloom, in
Shakespeare. L’invenzione dell’uomo (Milano 2001),
non condivide le idee di Stephen Dedalus: «Amleto è
tuttavia il figlio ideale di Shakespeare, come Hal lo è di
Falstaff. Questa affermazione non è mia: appartiene a James
Joyce, che fu il primo a identificare Amleto il danese con
Hamnet, l'unico figlio maschio di Shakespeare, morto nel
1596, all'età di undici anni, quattro o cinque anni prima
della versione definitiva di Amleto, principe di Danimarca,
in cui il padre di Hamnet Shakespeare interpretò la parte
del fantasma del padre di Amleto. (…) Il figlio e il padre
di Shakespeare erano morti entrambi quando fu composto
l'Amleto maturo, ma il dramma non mi sembra ossessionato
dall'idea della mortalità più di quanto lo siano le opere
precedenti o successive. Amleto non sembra nemmeno
interessato alla morte più di molti altri protagonisti
shakespeariani; le sue sono, come osserva alla fine Orazio, “uccisioni dovute al caso”.»