"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 12, settembre 2007 

 


n. 12 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 12

28.  Principe piccolo e nero

 


 

«Anche noi eravamo carini… una volta. E’ raro che non si sia stati carini… una volta.»

(S. Beckett, Finale di partita)

 

LAERTE - Ma sta attenta:

dato il suo rango, non ha volontà.

(Atto I, sc. 3)

 

  

Giustificheremo Amleto perché, giovanilmente svogliato per le atroci novità, viene via via sempre più distratto da se stesso:  «Non sarebbe la prima volta che gli eventi ostacolano una vocazione» (G. Manganelli, Monodialogo, in  Tragedie da leggere, Torino 2005). L posto della quale, si fa strada imperturbabile il Dovere: «suddito della sua nascita. Egli non può, come le persone di poco conto, servirsi da solo, poiché dalla sua scelta dipendono la sicurezza e la salute dell’intero stato…” (Amleto, Atto I, sc. 3). – E? un punto mica da poco: mai il più celebre degli Amleti potrà dire come in Laforgue «me infischio anche del trono. E’ una cosa che abbruttisce!» (J. Laforgue, Amleto, ovvero Le conseguenze della pietà filiale): come se si potesse davvero piantare in asso il mondo già solo per capriccio.

 

«Non è bene essere troppo liberi. Non è bene avere tutto il necessario.» (B. Pascal, Pensieri); allo stesso tempo, per non soccombere « è molto importante essere istruiti molto presto, fin dalla giovinezza, sul fatto che siamo al mondo per assistere a una mascherata.» (A. Schopenhauer, Parerga e paralipomena). Figurarsi un principe.

«Se volete vestirlo di nero, ve lo concedo a patto che consideriate questa tinta una necessità di rigore, mai certamente un lutto per suo padre.» (C. Bene, Opere, Milano 2002)

 

 

Urgono istruzioni.

La sapienza è la prima via di fuga per non farsi ingoiare dal mondo pazzoide che tutto pretende.’Altri escamotages saranno la distrazione, l’evanescenza, la non pertinenza, l’understatement («è che io sono soltanto un parassita feudale», J. Laforgue, Amleto, ovvero Le conseguenze della pietà filiale), la mancanza («Amleto, personaggio assai strano, poteva incantarsi – se gli rigirava – a stampare cerchi nell’acqua. Nell’acqua, che è come dire: nel cielo.», Ibid.) e, ovviamente, la follia.

 

«Egli vuol sottrarsi alla conclusione non per inane smania di sopravvivere, ma per desiderio di dare alla propria natura una qualità di disobbedienza. (…) egli crede che disobbedire sia agire un ‘no’.» (G. Manganelli, Un amore impossibile, in Agli dèi ulteriori, Torino 1972).

 

Ah, avesse avuto davvero, di fronte al precipitare degli eventi, la forza di lasciarli precipitare da sé, e dire ai fatti un «tanto peggio per i fatti» («Desto schlimmer für die Tatsachen», Hegel quando si scoprì Urano)!


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