"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 12, settembre 2007 

 


n. 12 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 12

13.  Li càrdini

 


 

«…accade che quello che esce dai cardini del costume lo si crede fuori dei cardini della ragione; e Dio sa quanto per lo più ciò sia irragionevole.»

 (M. de Montaigne, Saggi, vol. I, Milano1986)

 

 

AMLETO - Il mondo è fuor di squadra: che maledetta noia,

esser nato per rimetterlo in sesto!»

(Atto I, sc. 5, tr. di E. Montale)

 

 

«Voglio che sappia vostra reverenza che sono un cavaliere della mancia, chiamato don Chisciotte, ed è mia professione e mio compito andare per il mondo readdrizzando tori e riparando offese.

- Non so in che cosa consista il raddrizzare torti – disse il baccelliere -, perché a me da diritto mi ha fatto diventare storto, lasciandomi una gamba spezzata che non si vedrà più diritta per tutti i giorni della sua vita…»

(M. de Cervantes, Don Chisciotte della Mancia)

 

 

 

Dell’ultima battuta che dice il principino alla fine dell’atto primo («Rest, rest, perturbèd spirit…»), tutti a contemplare il maëlstrom mirabile e metafisico di quel mondo fuor di sesto!

 

Lì il Bardo, nel tatàn-tatàn-tatàn di tre giambetti rapidi rapidi (“The time - is out - of joint”), svela il DNA universale: sei sillabe ottime dal Big Bang ai buchi neri. E certo si tratta di uno di quei mille doni che l’Autore dispensa di qua e di là nella fluviale tragedia, senza star tanto a vedere, poiché gl’avanzano!, dove codeste perle caschino: lampi e sfregi irrimediabili, infatti, non solo dalle labbra del principe, ma perfino di Claudio e di Polonio, del becchino al cimitero e della sentinella a fine guardia.

 

Però, per quanto una totale sospensione d’incredulità ci appenda incantati alle metafore a mitraglia del nero principe spiritato, una cosa ci scappa da dire: l’Amleto che subito si vede a rimetter nei cardini da solo l’opulenta e manicomiale trottola planetaria, è pur sempre un periferico principino adolescente ci chiarisce perché, a parte nel quinto atto, vada considerato un teenager!).

E insomma: che un babbo morto in ossessiva attesa di faida, implichi da parte del figliolo l’imperativo morale della resurrezione dell’Eden, è un caso preclaro di non raro donchisciottismo giovanile («Amico Sancio, devi sapere che io nacqui, per volere del cielo, in questa nostra età di ferro, per ripristinare in essa quella dell’oro, o aurea, come suol chiamarsi», Don Chisciotte, cap. XX): qualcosa che ha a che fare, più che con cosmici eoni, con caotici ormoni.

Né lo Spettro, infatti, mai pretese tanto.

 

Commovente, per giovinezza, soprattutto la teleologica chiusa della battuta: “maledetta noia, /esser nato per rimetterlo in sesto!”: altro che il Fabrizio della Certosa che si stravede a Waterloo mentre mostra la gloria a Bonaparte! Qui siamo appena all’inizio del dramma, il livoroso fantasma del papà è or or scomparso, e Amleto già rimpiazza il fallito Gesù Cristo.

 

 

NOTA DA TRADUZIONE:

«O destino maledetto,

che sia mai nato io per rimetterlo in sesto

 

Nell’originale in inglese (“O cursed spite,/ That ever I was born to set it right”) tutto il contesto della frase, secondo me, ruota intorno al significato da dare all’avverbio “ever” (che i dizionari usualmente rendono, in un’accezione non avversativa, con i corrispettivi in italiano “mai”, “sempre”, “qualche volta”).

Ammetto di non aver apprezzato molto le scelte di illustri traduttori, che nella loro versione italiana hanno in pratica omesso l’avverbio “ever”, aggirando deliberatamente o meno l’ostacolo ermeneutico. Ma senza “ever” a mancare sono esattamente i sensi intensivi, rafforzativi, immani avvertiti da Amleto di un’azione da compiere che si scontra nell’immediato, oserei dire, con la trascendenza.

 


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