AMLETO - Sono
pazzo solo fra tramontana e maestrale. Quando soffia da scirocco
distinguo un falco da un falcetto.
(Atto II, sc. 2)
Rispetto al
plot originario, dove Amleto si finge pazzo per
mimetizzare i preparativi della vendetta – un po’ come Odisseo che torna
nella sua reggia come un vecchio mendicante -, in Shakespeare la scelta
risulta tutt’altro che adatta allo scopo. La pazzia di Amleto è
chiassosa, iraconda, offensiva, teatrale, indecifrabile: scatena dunque
attorno a lui l’allarme generale. E’ qui che il Re inizia ad aver paura
di lui: paura di un pazzo palesemente pericoloso («stramberia torbida e
pericolosa», Atto I, sc. 1; «È ben pericoloso che costui vada
libero», Atto IV, sc. 2) . Eppure aveva tutte le carte in mano:
Polonio ha quasi convinto il Re e la Regina che «la causa» della pazzia
di Amleto è l’amore per Ofelia: la facondia del consigliere offre su un
piatto d’argento al principe una giustificazione che gli avrebbe
permesso ogni cosa indisturbato. E invece fa il sincero: oltraggia
Ofelia e così si ritrova addosso Rosencrantz e Guildenstern a spiarlo
più da presso che Polonio. E anche lì, invece di confidar loro una falsa
ragione qualunque, dice che non sa il «perché» sia così malmostoso. Più
catastrofico di Zidane alla conclusione del mondiali.
Il punto è dunque chiaro: se la
pazzia è il mezzo per realizzare un piano, il piano qual è? La
«trappola per topi» è
improvvisata con attori che arrivano imprevisti, e per realizzarsi non
ha affatto bisogno che Amleto faccia il pazzo. Quando poi Amleto ha la
possibilità di uccidere davvero il Re, solo e inerme in apparente
preghiera, anche qui la vendetta si sarebbe svolta linearmente, senza
alcun rapporto con lo stratagemma suicida della pazzia.
Con la storia della pazzia Amleto si
punta addosso tutti gli occhî della corte, e non occorre essere Riccardo
o Jago per capire che così ottiene l’effetto contrario di quello che
dichiara. L’impressione è che Amleto improvvisi, vada a braccio,
provando a prendere per la coda non più di un giorno alla volta.
L’impressione è che voglia che lo si fermi. E non tanto perché ha
il complesso di Edipo, ma
perché la vendetta è stupida, perché dunque suo padre è stupido.
Ma questo non può dirselo. Può solo chiamare il padre «essere» e tutto
ciò che non è il padre «non essere»: così mascherato, confidarsi con
slancio che di gran lunga preferirebbe «non essere», e che lo trattiene
solo il terrore che anche nel centro del sonno del nulla ci sia
eternamente il sogno mostruoso dell’«essere».