Claudio- …per il
grande amore che gli porta la gente comune.
(Atto IV, sc. 7)
«Si sorbiscano
pure un Polonio, un qualsiasi filantropo che canti loro: Arricchite!»
(Jules Laforgue,
Amleto, ovvero Le conseguenze della pietà filiale)
«Non bisogna
essere più proletari dei proletari… E tu, Giustizia umana, non bisogna
credersi più forte della Natura. Sì, amici miei, fratelli miei: o lo
storico andare a tentoni o la purga apocalittica; o il vecchio buon
Progresso o il ritorno allo stato naturale! In attesa, buon appetito e
buon divertimento per domani domenica.»
(Ibid.)
Lady D
può essere inteso in diversi modi: intanto nel senso che Amleto,
malgrado la lunga università a Wittenberg e poi la luttuosa clausura a
corte, dev’essere per il popolo una specie di mito estetico e quindi
morale tale è l’idolatria che gli dedicherebbero: la vera Lady D della
Danimarca. – Lady D potrebbe essere la Danimarca stessa che non si
perita, come vedremo, di desiderare re antitetici contemporaneamente;
Lady D quindi anche nel senso di Lady Doxa: la Signora Opinione che
cambia idea come abiti la moda.
Laerte, aureolato di furia di
vendetta, accorre da Parigi alla notizia del padre ammazzato da
Amleto. Ha subito con sé un codazzo di scatenati che lo vogliono
addirittura re («La
marmaglia / lo chiama signore», Atto IV, sc. 5). Irrompe nella
reggia quasi fosse già sua e apostrofa il re: perché non hai ancora
fatto giustiziare Amleto? («Why
you proceeded not against these feats…?», Atto IV, sc. 7). -
Claudio, olimpico davanti al rischio di ritrovarsi al primo errore
dialettico attraversato come Polonio da una spada, dice due ragioni:
Amleto è salvato da due amori «grandi», quello della madre che come si
sa Claudio adora, e l’amore che si ostina a dedicargli il popolo: «il
grande affetto che ha per lui la gente comune» (Ibid.).
– Come abbiamo visto noi stessi, per una Lady D si deve inchinare
anche l’altezzosa altezza d’un’Elisabetta.
Però Laerte ha fatto irruzione
nella reggia non difesa perché spintovi a furor di popolino («La
marmaglia lo chiama re!»)… Posto anche che sia delle masse come
dell’inconscio l’abolizione del principio di non contraddizione, come
può la massa, fosse pure una «marmaglia» volere allo stesso tempo che
Laerte sgozzi Amleto e che Amleto resti intatto in Danimarca? «La
moltitudine, quello stupido mostro dalle innumerevoli teste, sempre
discorde e ondeggiante» (Re Enrico IV parte II, Prologo)
può certo questo e altro.
Sarebbe stata possibile fuori delle
mura di Elsinore una guerra di fazioni tra i sostenitori dei due
sfortunatissimi giovani? Torniamo al testo: benché sostenuto dalla
intrattenibile marmaglia laertista, Laerte non batte ciglio quando
Claudio gli argomenta che l’amore della «gente comune» per Amleto
anche se polonicida è tale da piegare la forza di un re: «le mie
frecce, di legno troppo leggero / per un vento così clamoroso, /
sarebbero ritornate contro il mio arco…».
Che Laerte abbia il dono di essere
sufficientemente stupido da credere alle fandonie di un re
scenografico e suasivo, è possibile. Ma è bello pensare anche che nel
plot del dramma vi sia una falla: una delle tante!, direbbero gli
esperti di un dramma che da questo punto di vista è meno esatto di un’Agatha
Christie.
Noi come sempre prendiamo tutto
alla lettera. E ammiriamo Claudio che, ma era già chiaro, non è un
tiranno, e che, come anche
Machiavelli insegnò, conosce la
forza del consenso. Anche se lo dicesse per scusa improvvisata
necessaria a placare e sviare l’orfano energumeno, indubitabilmente,
Claudio è un politico comme ils faut. La classe non è acqua:
mentre lascia che il popolino sfoghi in clamore una rabbia senza vero
oggetto, con poche e brevi domande retoriche fa di Laerte, da suo
pronto assassino, il pronto (è il difetto dei pronti di esserlo
sempre per qualcosa) e grato «strumento» (Laerte: «That I might be the
organ») dei suoi piani… - Claudio anticipa Macbeth anche in questo:
non avesse un omicidio alle spalle, non fosse costretto a sprecare
energie sempre più goffe per provare a schivarne le conseguenze,
sarebbe un buon re: «la Danimarca, sotto Claudio, si direbbe ben
governata, né del resto Amleto si preoccupa mai sul serio dello stato
della Danimarca…» (N. D’Agostino, Nota a W. Shakespeare, Amleto,
Milano 2004), e anche questo è tipico delle Lady D: essere
popolari e fóttersene dello stato.
Claudio è l’opposto di Coriolano,
così intransigente e impolitico da dire rovinosamente al popolo quel
che si merita solo perch’è vero: «Cosa vorreste avere, cani, che non
amate né pace né guerra?» ; «Via, tornate alle vostre case,
frammenti!»; «Così avremo mezzo di liberarci di questo fetido
superfluo di cittadini.» (Coriolano, Atto I, sc. 1);
ecc.