RE : Ma come
esserne certi?
(Amleto,
atto II, sc. 2)
AMLETO - Avrò
motivi più rilevanti di questo.
(Amleto,
atto II, sc. 2)
«A l’intelletto
convien giudicare e render raggione de le cose absenti e divise per
distanza di tempo e intervallo di luoghi (…) Onde la verità, come da
un debole principio, è da li sensi in picciola parte, ma non è nelli
sensi»
(G. Bruno, De
compositione imaginum)
«...non
prendere mai niente per vero,
se non ciò che io avessi chiaramente riconosciuto come tale; ovvero,
evitare accuratamente la fretta e il pregiudizio, e non comprendere
nel mio giudizio niente più di quello che fosse presentato alla mia
mente così chiaramente e distintamente da escludere ogni possibilità
di dubbio.»
(CARTESIO,
Meditazioni filosofiche)
Quando Polonio, momento
proverbiale, riconosce del «metodo» nella pazzia di Amleto (Atto II,
sc. 2) neppure immagina quanto ciecamente nel giusto egli sia! –
Saltiamo di poco più avanti: al punto in cui Amleto dubita –
finalmente! - dello presunto Spettro paterno:
Lo spirito ch’io ho veduto potrebbe
essere un diavolo; e il diavolo ha il potere d’assumere una piacevole
forma; sì, e forse per la mia debolezza e per la mia malinconia,
com’egli è potentissimo su tali spiriti, m’inganna per dannarmi. Avrò
motivi più rilevanti di questo, e se lo Spettro è il modo antico di
far balenare la verità il (il sacro del Medioevo che nuovamente
irrompe, dirà
Chateaubriand), io ricorrerò a «new-found methods»
(Sonetto 76, v. 4)...
L’argomento, quando parla del
potere satanico sui malinconici può sembrare ancora antico, ma di
fatto nella sostanza è identico a quello che si troverà pochi decenni
dopo nelle non meno aurorali Meditazioni filosofiche di
Cartesio (1637). Lì, per la prima volta, iperbolicamente si
sospetta che angeli e diavoli, come cielo e terra, vita e morte,
possano venire dall’inganno di un genio maligno. - Amleto dice lo
stesso: «Lo spirito ch’io ho veduto potrebbe essere un diavolo».
Cartesio aggiungerà metodo ulteriore a quest’obiezione che sfata
l’evidenza degli occhî: cosa, infatti potrebbe non essere un
diavolo? - Da qui, non c’è madonnina di Lourdes o Mejugorie che tenga.
Vedi Strindberg: «D’altra parte, ammesso che non ci sia stato intrigo,
sarei io, con la mia fantasia, che avrei creato questi spiriti
correttori per punire me stesso» (A. Strindberg, Leggende).
Si smonta il trascendentale facendo leva sulle sue stesse impalcature:
se «il diavolo» è possibile, non sarà la flebile evidenza di una
visione, per quanto ripetuta, l’esperienza sufficiente a farci
dire, come alla Vergine Maria di fronte a un rapido messaggero
che le annuncia una gravidanza vergine, Sia!
Lutero,
agostiniano drastico, da
Wittenberg
già aveva scelto la lettura: solo una grazia che già pervade il
cristiano potrà fargli riconoscere miracoli di per sé mai evidenti.
Cristo fu crocifisso dopo miriadi di miracoli, né mai li rinfacciò
alla folla prima attonita e poi subito di nuovo accecata.
«Avrò motivi più rilevanti di
questo»: il giovane Amleto, studente di filosofia senza certezze e
dunque senza grazia («Nulla gli mostra la verità, tutto lo
inganna…», B. Pascal, Pensieri), pretende di essere
sicuro per sapere cosa fare: rapidissima bildung dal
primo atto, quando credeva ancora che non v’era che da obbedire a un
fantasma? - Cerca il varco per un’inferenza logica ben più
indubitabile di una «cosa» (Atto I, sc. 1) che per quattro
volte ha ostentato la sua pura presenza nel caos notturno, tra le
veglie allarmate delle sentinelle sugli spalti a precipizio di
Elsinore. E' la via del
metodo: «metà (vuol dire andar oltre), odòs (ciò che
procede, che costituisce una via); ma questo procedere è la vera
scienza» (E. Severino,
L’identità della follia, Milano 2007)...
«Avrò motivi più rilevanti di
questo». - Eliot scrisse
(in un saggio su Dante?) che il Medioevo era il tempo in cui gli
uomini credevano alle loro visioni. Eccolo servito:
Waste land!. Se, di fronte al fantasma del babbo, invece che
aggrapparsi e implorare come Dante Virgilio, Amleto
dubita e architetta controprove per capire se ha implorato uno
«spettro onesto» (Atto I, sc. 5), quel tempo beato di fole e
miracoli è finito. Lo stesso rovello blocca l’azione di Claudio che
non capisce se sia inganno o realtà la follia del nipote-figliastro
(«Ma come essere certi?», Atto II, sc. 2): da lì l’illusione
reciproca di poter trovare procedure di verifica sufficientemente
accurate, le quali dunque nel corso del dramma s’intrecciano cercando
le une di restare invisibili all’altro!… trame di ascolto, di
trappole, di simulazioni ad hoc…
A voler cavarne emblemi, chiaro che
Shakespeare proietta nel medioevo amletico la visione inemendabile di
un Tempo tutto scardinato (Atto I, sc. 5) che ritroveremo pari
pari nella cosmica «disproportion» tutta vorticante di «Eccentrique
parts»: verità abnorme disvelata da una scienza («new Philosophy») che
«calls all in doubt» (J. Donne, Anatomia del mondo): da
una scienza, dunque, che revoca ogni scienza.
Sarà anche per questo che Eliot non
amò mai molto Amleto? – La catastrofe senza ritorno è iniziata
evidentemente: dallo Spettro dubitabile di Elsinore all’ invisibile
insignificanza del Fantasma di Canterville di Wilde
(1887) sarà solo questione di tempo: direbbero i filosofi e i
teologi, di «secolarizzazione»:
«Se quindi in alcuni esempi del
genere qui considerati si racconta che i defunti apparsi hanno
rivelato certi dati di fatto, sconosciuti sino allora, a chi li ha
visti, la cosa deve anzitutto essere posta in dubbio, e accettata solo
in seguito a testimonianze sicurissime.»
(A. Schopenhauer, Parerga e
paralipomena)