"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 12, settembre 2007 


n. 12 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 12

21.  Svegliarsi (o: Cioran)

 


«Chi acconsente

a sbavare e sudare sotto il peso

della VITA…?»

(Atto III, sc. 2)

 

«non chiedetemi il perchè ho voluto postare questa "citazione" di Amleto [di William Shakespeare]
ma quando l'ho letta.... bho!!!! era già postata xD!! hihihih
ESSERE O NON ESSERE - QUESTO E' IL PROBLEMA
mi piace molto
perciò beccatevela xD!!!!»

(da un blog)

 

 

Se «Lo stupore di essere precede lo stupore di essere uomo» (E. M. Cioran, La caduta nel tempo), la cosa turba le insonnie degli uomini d’azione molto meno che gli altri.  «Avere o non avere questo», piuttosto, «è il problema» (J. Joyce, Ulisse): «Quello scolaretto modello, disse Stephen, avrebbe giudicato i pensamenti di Amleto sulla vita futura della sua anima principesca un monologo inverosimile, insignificante e antidrammatico, vacuo come quelli di Platone» (Ibid.).

Anche senza neppure sospettare il Mondo come Volontà e Rappresentazione, viene spontaneo liquidare il cacadubbismo amletico intuendo con Cioran che «più si è, meno si vuole», e qui per legittima difesa fermandosi, vista la continuazione dell’aforisma: «più si è, meno si vuole. Ci precipitano verso l’atto il nostro non essere, la nostra fragilità e la nostra inadattabilità» (E. M. Cioran, La caduta nel tempo). E qui siamo già in terra d’infedeli, a raspare il fondo della fossa dei leoni, mentre «avere o non avere» ci suona confortevole e familiare quanto basta.

 

 

«Siamo dei grandi intenditori di noi stessi; d’altro canto non siamo nessuno» (E. M. Cioran, La tentazione di esistere). Questo sfociare in nessuno sembra però più che altro un’impennata di narcisismo. Perché, insomma, magari potersi fregiare della purezza matematica e simmetrica di uno zero. Pare che l’entropia, come Amleto, non ammetta la pace risolutiva di un non-essere finalmente d.o.c., extravergine, superpuro: «Il risveglio, momento penosissimo… L’uomo, già acquattato nell’immonda, tiepida confusione dei sogni, come un senile tagliacalli in fondo ad un cassetto, viene scagliato nel mondo, governato dai federali della causa e dell’effetto… Si sveglia, e s’avvede di essere sposato, padre, cattolico, morituro e sudato…» (G. Manganelli, Hyperipotesi, in  Tragedie da leggere, Torino 2005)

 

Tra Cioran e Manganelli, è chiaro, c’è solo la pantomima d’un disaccordo inventato da noi, una scaramuccia appena nominale. L’impiegatizio essere del Manga è qualcosa che in effetti sarebbe tutt’altro che bestemmioso definire nulla: purché si rinunci a ogni mistica o amletica iattanza. – E’ pretendendo di non-essere troppo, che ci si ritrova amleti: un eccesso di libido non-vivendi che non può che sfogarsi, data la micragnosa asfittica vita, in intrattabili escrescenze teoriche. Insomma: teorizzare il non-essere è la scorciatoia isterica di chi altro non sa fare che saltellare tra padella e brace – qui potrebbe aver ragione il fastidiato Stephen Dedalus di Joyce.

Anche Amleto si affoga e strafoga in un mare di «Parole parole parole» (Atto II, sc. 2), altro che la perfezione dei soliloqui ammutolenti! «Il soliloquio, portato a perfezione nell’Amleto, è parola nel silenzio, la parola del silenzio» (F. Kermode, Il linguaggio di Shakespeare, Milano 2000). Kermode sa scrutare in Shakespeare una traccia che va sempre più verso un linguaggio reticente: «deliberatamente in direzione di una sorta di reticenza», «contigua al silenzio»… - Letto così, è ovvio che il Bardo sia non solo tollerabile ma sublime: sensazione però incomunicabile se non per risonanza tra diapason dalle sensibilità siamesi (dunque, tanto per dire uno dei più refrattarî, non Wittgenstein).

 

 

Si sa che si può leggere benissimo Wittgenstein come un mistico rigoroso. Uno molto attento a non fare storie, ma pratiche; e infatti davvero «il resto è silenzio» nel Tractatus, mentre è tragedia lunghissima nell’Amleto!

«Un conto è diffidare del presente nelle speculazioni metafisiche: altra cosa è non esserci» (C. Bene, Opere, Milano 2002)! - Amleto del primo atto pare aver intuito questa praticabile area di assenza (vedi l’inizio mirabile, di controllato sfuggente rancore: «Un po’ più che parente e meno che padre…»; «Per quanto posso vi obbedirò…», Atto I, sc. 2). Ma poi lo Spettro lo trascina nell’incubo delle esigenze estreme.

 

(Quanto a noi, spettatori, vorremmo solo osservare. Nessuno può scagliare prime o seconde pietre. Siamo tutti sempre sul punto di precipitare in disastri più grandi di noi; e ci conserviamo buoni, è perché loro ci risparmiano).


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