Il libro tradizionale
«…il migliore esempio moderno di
libro tradizionale è costituito dai lavori teatrali. Un dramma che è
ancora in vita dopo un secolo o due consta ormai : i. di un
testo stampato che cambia lentamente e ne garantisce l’esistenza
potenziale, e 2. di una serie di rappresentazioni davanti ad
un pubblico che cambia continuamente e conferisce al dramma la sua
vera vita. I migliori casi di analogia con un antico canto,
naturalmente, sarebbero quei drammi che non vengono stampati ma
esistono solamente nei copioni del suggeritore o nella memoria degli
attori. Disgraziatamente, oggi come oggi, è quasi impossibile che un
lavoro teatrale di successo rimanga a lungo inedito. E il libro
stampato con le sue centinaia o migliaia di copie dà come risultato
una terribile fissità del testo. La farsa tradizionale, non avendo
un testo, è quasi scomparsa dalle scene. Ma sarebbe interessante
avere una documentazione delle varianti di George Barnwell
o di The Stranger, dall’epoca della loro prima messa
in scena all’epoca in cui li vide Thakeray: oppure di drammi
come East Lynne e The Private Secretary,
che vengono attualmente recitati in tutto il mondo in lingua
inglese. Ma prendiamo ora in considerazione l’esempio più illustre.
Amleto, come tutti sanno, prima di essere un dramma
inglese fu un’antica storia scandinava, senza autore, ma dotata di
una sua vita tenace nella tradizione orale, pur conoscendo
indubbiamente degli alti e dei bassi. Il primo accenno ad essa lo
troviamo in una canzone composta attorno al 980; la prima
versione completa è nei Libri III e IV di
Saxo Grammaticus
intorno all’anno 1185. Troviamo una redazione più tarda nella
Ambales Saga islandese, e, naturalmente, vi sono
innumerevoli varianti in tutte le parti del mondo. Ci risulta che
nell’anno 1587 veniva rappresentato in Inghilterra un dramma
dal titolo Amleto, evidentemente non di Shakespeare e
attribuito con qualche incertezza a Kyd. Molte difficoltà a
particolarità dell’Amleto di Shakespeare sono
presumibilmente dovute all’inconscia discordanza tra la vecchia
materia che egli prese da Kyd e la nuova di sua invenzione. La prima
versione dell’Amleto di Shakespeare è l’In
Quarto del 1603 (forse stampato nel 1602),
versione molto diversa da quella che generalmente leggiamo. Esso
consta di soli 2143 versi contro i 3891 dell’edizione
Globe, l’ordine delle scene è a volte diverso, i nomi dei
personaggi non sono tutti gli stessi: invece di Polonio abbiamo
Corambis, e invece di Reynaldo, Montano; la Regina è poi
dichiaratamente innocente dell’omicidio del marito. Il secondo
In-Quarto è datato 1604 e si presenta come ‘fedele
alla vera e perfetta versione e riportato alle dimensioni originali’.
Il primo In-folio fu pubblicato dopo la morte di
Shakespeare nel 1623. Esso omette molta della materia del
secondo In-Quarto e contiene dei passi che non si
trovano nel secondo ma erano nel primo. Quasi sempre, comunque,
questi passi sono stati riscritti e modificati. Vi sono molti
problemi critici a proposito di queste tre versioni che in questa
sede possiamo trascurare, ma vi è almeno una cosa sicura per
chiunque sappia usare il cervello. Le tre versioni che il caso volle
pubblicate non possono certo registrare tutte le varianti del dramma
quale esso veniva rappresentato sul palcoscenico. Shakespeare prese
un vecchio dramma e lo riscrisse. Seguitò a riscrivere per molti
anni il dramma nuovo, sottoponendolo a continue revisioni. Egli vi
fece molte aggiunte ma talvolta ne soppresse alcune,
successivamente. Chi può dire quali aggiunte o quali tagli furono
fatti alle varie rappresentazioni, cui sopraintese lo stesso
Shakespeare? E quali tagli o aggiunte furono fatte da altri, quando
Shakespeare non curava più la messa in scena? E dopo la sua morte,
anche se, per quanto ci risulta, non vi furono ulteriori interventi
esterni sul testo del dramma, come certamente ve ne furono nel caso
dei poemi omerici e di alcune tragedie greche, troviamo notevoli
varianti testuali per tutto il secolo’ XVIII e XIX».
(Gilbert Murray, Le Origini
dell’Epica Greca, Firenze 1964)