«I Francesi giudicano naturale ciò che non 
            sciocca il loro gusto.»
            
            
            (W. von Humboldt, Sulla scena tragica 
            dei francesi, 1800)
            
            
             
            
            
             
            
            
            Con la Rivoluzione, l’apertura dei teatri, il cosmopolitismo e 
            l’apertura agli autori stranieri, nei teatri dei Boulevards, tutto 
            viene trasformato in melodramma: vale anche per Schiller e 
            Shakespeare. Talma, al Théâtre de la République, 
            consigliato da David e aiutato dal disegnatore Boucher 
            azzarda il costume storico in Macbeth… 
            
            
            La spettacolarizzazione in technicolor funziona benissimo. La gente 
            accorre, ma gli intellettuali restano dall’altra parte. Col Théâtre 
            Français,  Voltaire, Racine, «colonnati stinti, interni scialbi 
            cieli male illuminati» (M. 
            Fazio, Il mito di Shakespeare e il teatro romantico, Roma 
            1992): 
            per loro Shakespeare è come Hitchcock prima della Nouvelle Vague, 
            e come si definiva del resto da sé: autore non di tranches de vie
            ma de gateaux: troppo spettacolo ed effettacci, troppo 
            alto il tasso d’incredulità da sospendere. Però la poco 
            aristocratica Assemblea Nazionale a Parigi conferiva la cittadinanza 
            onoraria a Schiller (assieme a Washington, Pestalozzi e 
            Klopstock).
             
            
            
            
            
            Negli anni di Napoleone (decreto dell’8 giugno del 1806) 
            Shakespeare viene confinato nei teatri à spectacle: 
            Hamlet diventa una pantomima tragica con danze ed epilogo 
            infernale, lo stesso più o meno accadrà per Macbeth e
            Otello. Solo un po’ alla volta, infatti, i personaggi 
            di Shakespeare avranno il permesso di diventare parlanti in Francia.
            
            
            Nel 1810 esce in Francia, ma subito ritirato dalla censura,
            De l’Alemagne di Mme De Staël; sarà leggibile 
            solo dopo la caduta dell’imperatore, nel 1814: si dice 
            finalmente – idea appresa da 
            Schlegel, 
            precettore dei suoi figli nell’esilio dorato di Copper - che le 
            culture sono relative, mutevoli, mai “naturali”.