"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 13 settembre 2007

 


 

n. 13 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 13

 

 

 

38. Uccisioni dovute al caso

 

 

 

 


ORAZIO - ...uccisioni dovute al caso....

(Atto V, sc. 2)

 

«The coincidence of meeting, discussion, danc, row, old salt, of the here today and gone tomorrow type, night loafers, the whole galaxy of events, all went to make up a miniature cameo of the world we live in...»

(J. Joyce, Ulysses

 

 

Quello che Carl Schmitt chiama la «realtà storica effettuale», quell’«esterno ben presente» (C. Schmitt, Amleto o Ecuba, Bologna 1983) che plasma o stravolge il nebuloso centro psicologico di un uomo, in Amleto è una pochade da fratelli Marx al college: bicchieri e fioretti sbagliati per cui muore uno invece dell’altro, e così a catena. Una slapstick comedy, da immaginarsi velocissima e inesorabile: come la sequenza in cui, in una strada, Stallio e Ollio e comprimari si tirano giù i pantaloni a vicenda, fino a coinvolgere tutti i possibili passanti. E non può che essere così, ma forse non solo nel senso che «in questi drammi l’esito finale è la cosa che meno interessa» (G. Melchiori, Shakespeare, Laterza, 2005), ma perché sarebbe una mistificazione far finire Amleto - specchio offerto alla natura - con un finale emblematico, catartico, altamente simbolico e minacciosamente pedagogico: il contrario de il resto è silenzio!

 

 

Nell’impossibilità di una morte inappuntabile e in posa, si potrà leggere perfino uno dei dati epocali del Moderno che nasce: «E’ evidente che in ragione di una produzione intensa, ogni morte individuale non è eseguita altrettanto bene, ma ciò ha poca importanza. E’ il numero che conta. Chi dà ancora valore a una morte ben eseguita? Nessuno. Anche i ricchi, che potrebbero offrirsi questo lusso, hanno cessato di preoccuparsene, il desiderio di avere una morte propria si fa sempre più raro. Fra poco diventerà così rara quanto una vita personale.»

(R. M. RILKE, I quaderni di Malte Laurids Brigge)

 

 

 

Harold Bloom però nel Quinto Atto ci vede addirittura un’assoluzione: «Nell’atto V il protagonista non è divertente né melanconico: essere pronti, cioè disponibili, è tutto. In tal modo, disarmando la critica morale, Shakespeare assolve Amleto dalla strage finale. Le morti di Gertrude, Laerte, Claudio e Amleto sono tutte causate dai «trucchi» di Claudio, a differenza di quelle di Polonio, Ofelia, Rosencrantz e Guildenstern. Quelle prime morti possono essere attribuite alla teatralità omicida di Amleto, alla sua singolare combinazione dei ruoli di attore comico e vendicatore. Nemmeno Claudio viene tuttavia ucciso in un gesto di vendetta, ma solo come l’entropia finale dei trucchi escogitati» (H. Bloom, Shakespeare, Milano 2003).

 

Se il finale è azione, dovrà far apparire tutto esatto e allo stesso tempo sbagliato: «tutto conta in arte tranne il tema. (…) Il colore di un fiore può suggerire la trama di una tragedia; un brano musicale può ispirare la sestina di un sonetto; ma quello che davvero succede non offre nessuna ispirazione all’artista.» (O. Wilde, “Amleto” al Lyceum, in Autobiografia di un dandy, Milano 1996)


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