I versi che
dici, o Fidentino, sono miei,
ma se li dici
male, ecco diventano tuoi.
(Marziale)
«Certamente. E perché? Quand’anche
li dicesse bene, non sarebbero sempre di Fidentino? Non capisco ed è
inutile chiederlo a quei disgraziati. Perché Marziale glieli
attribuisce quando li dice male e poi li rivuole se li dice bene? Se
li dica lui, Marziale, i suoi versi, e non stia a sfottere Fidentino
che se vuole imparare a recitare andrà all’accademia. Ma
Shakespeare era autore attore regista e capocomico. Nella sua vita
fu egli stesso uno spettacolo. Adesso è un testo. E’ da sporcaccioni
negargli l’infedeltà che gli è dovuta (tanto resiste, resiste a me,
figuriamoci a voi), per tentarlo con sentimento: sarebbe come
immergere un bastone nell’acqua azzurra del mare illudendosi che ne
riesca azzurro anche il bastone. E quand’anche ci fosse un mare capace
di questo (abbiamo le tintorie) state certi che il bagno non lo
fareste.»
(C. Bene, Opere, Milano
2002)
Cfr.
Al lettore