"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 13, settembre 2007 

 


 

n. 13 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 13

 

 

38.  Casi di nulla più o meno onorevoli

 

 


 

AMLETO - Pensavate alludessi a cose meno edificanti?

OFELIA - Non penso a niente, monsignore.

AMLETO -Niente? E’ un bel pensiero da mettere fra le gambe alle ragazze.

OFELIA - Che pensiero, monsignore?

AMLETO -Niente.

(Atto III, sc. 2)

 

AMLETO -Non vedi niente lì?

REGINA - Proprio niente. Ma quel che c’è, lo vedo.

AMLETO -E non hai udito niente?

REGINA - Niente, no, solo le nostre voci.

(Atto III, sc. 4)

 

 

All’opposto di Giulietta («Che significa Montecchi? Nulla…», Romeo e Giulietta, Atto II, sc. 2), lo spagnolismo masochistico di Amleto lo porta più volte ad ammirare le cose che valgono nulla ma che vengono fatte lo stesso: farsi ammazzare per una marca inutile in Polonia, piangere nella finzione teatrale più che nella vita vera, ecc. All’opposto, lui si vede come un fa-nullone che, avendo motivi esorbitanti per agire esita - ma considerare i propri motivi di alto valore è il primo passo verso un delirio di tipo spagnolesco che ha il suo centro nella questione dell’onore. Chiaro che chiamando il tutto spagnolismo esageriamo, e facciamo finta di non aver imparato da Mario Praz che la faccenda dell’onore è il cuore dell’etica d’un aristocratico europeo del tempo di Shakespeare. Facciamo i faziosi e guardiamo Amleto dal punto di vista di una critica di quel nulla che è l’onore, critica della quale sappiamo giusto qualcosa dal Don Chisciotte e il don Ferrante dei Promessi Sposi («Non solo ne ragionava con vero possesso, ma pregato frequentemente d'intervenire in affari d'onore, dava sempre qualche decisione.», Cap. XXVII). Per non dire di Falstaff.

E’ evidente che anche per il principe di Danimarca Amleto l’onore impone azioni secondo un codice sociale, che richieda una teatralità e una ritualità che rischiano in ogni istante di ridursi all’orpello di cartapesta di una vuotaggine. Appare del resto evidente che questione della vendetta e dell’onore sono legate in un tutt’uno: cosa potrebbe pensare di sé Amleto se prima o poi non ammazza Claudio lo dice in tutte le salse per tutta la tragedia; ma allora, se la vendetta non funziona quasi mai, se, al di là delle fantasie eroiche sull’atto da compiere, nei fatti la cosa diventa sempre ridicola e atroce, imprecisa e macellaia, come salvare quell’idea di onore che ne è la motivazione inesorabile?

A parte Falstaff, in Shakespeare sono soprattutto le donne a non cascare nel tranello della messa in scena non solo dell’onore ma della verità, che sempre nell’ostentazione si degrada e muore.

 

Lear: Che cosa sai dirci per strapparci un terzo più abbondante di quello delle tue sorelle?

Cordelia: Nulla, mio signore.

Lear: Nulla?

Cordelia: Nulla.

Lear: Nulla verrà dal nulla: rispondi un’altra volta.

Cordelia: Infelice ch’io sono, non so far sollevare il mio cuore fino alle labbra…

(Re Lear, Atto I, sc. 1)


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