AMLETO - Pensavate alludessi a cose meno edificanti?
OFELIA - Non penso a niente, monsignore.
AMLETO -Niente?
E’ un bel pensiero da mettere fra le gambe alle ragazze.
OFELIA -
Che pensiero, monsignore?
AMLETO -Niente.
(Atto III, sc. 2)
AMLETO -Non
vedi niente lì?
REGINA - Proprio
niente. Ma quel che c’è, lo vedo.
AMLETO -E non
hai udito niente?
REGINA - Niente,
no, solo le nostre voci.
(Atto III, sc. 4)
All’opposto di Giulietta («Che
significa Montecchi? Nulla…», Romeo e Giulietta, Atto II,
sc. 2), lo spagnolismo masochistico di Amleto lo porta più volte
ad ammirare le cose che valgono nulla ma che vengono fatte lo stesso:
farsi ammazzare per una marca inutile in Polonia, piangere nella
finzione teatrale più che nella vita vera, ecc. All’opposto, lui si
vede come un fa-nullone che, avendo motivi esorbitanti per
agire esita - ma considerare i propri motivi di alto valore è il primo
passo verso un delirio di tipo spagnolesco che ha il suo centro nella
questione dell’onore. Chiaro che chiamando il tutto
spagnolismo esageriamo, e facciamo finta di non aver imparato da
Mario Praz
che la faccenda
dell’onore è il cuore dell’etica d’un aristocratico europeo del tempo
di Shakespeare. Facciamo i faziosi e guardiamo Amleto dal punto di
vista di una critica di quel nulla che è l’onore,
critica della quale sappiamo giusto qualcosa dal Don Chisciotte
e il don Ferrante dei Promessi Sposi («Non solo ne
ragionava con vero possesso, ma pregato frequentemente d'intervenire
in affari d'onore, dava sempre qualche decisione.», Cap. XXVII).
Per non dire di Falstaff.
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E’ evidente che anche per il
principe di Danimarca Amleto l’onore impone azioni secondo un codice
sociale, che richieda una teatralità e una ritualità che rischiano in
ogni istante di ridursi all’orpello di cartapesta di una vuotaggine.
Appare del resto evidente che questione della vendetta e dell’onore
sono legate in un tutt’uno: cosa potrebbe pensare di sé Amleto se
prima o poi non ammazza Claudio lo dice in tutte le salse per tutta la
tragedia; ma allora, se la vendetta non funziona quasi mai, se, al di
là delle fantasie eroiche sull’atto da compiere, nei fatti la cosa
diventa sempre ridicola e atroce, imprecisa e macellaia, come salvare
quell’idea di onore che ne è la motivazione inesorabile?
A parte Falstaff, in Shakespeare
sono soprattutto le donne a non cascare nel tranello della messa in
scena non solo dell’onore ma della verità, che sempre
nell’ostentazione si degrada e muore.
Lear: Che
cosa sai dirci per strapparci un terzo più abbondante di quello delle
tue sorelle?
Cordelia:
Nulla, mio signore.
Lear: Nulla?
Cordelia:
Nulla.
Lear: Nulla
verrà dal nulla: rispondi un’altra volta.
Cordelia:
Infelice ch’io sono, non so far sollevare il mio cuore fino alle
labbra…
(Re Lear,
Atto I, sc. 1)