«La vitalità di questo seme per riprendere la nostra immagine
iniziale, è tale, che, provatevi a dare il dramma in qualsiasi
costume, come si è provato (costumi di Cranach, o costumi
vittoriani, o costumi moderni), il dramma resiste; datelo nelle più
approssimative e spropositate versioni, come spesso lo si dà tra
noi, e il dramma resiste; massacratelo, gualcitelo nelle più assurde
interpretazioni, e pochi concorderanno con Charles Lamb[*]
il quale confessava più d’un secolo fa che tutte le lucentezze
dell’opera erano state così manomesse e conciate dalla declamazione
di uomini e di ragazzi, che per lui eran diventate come membra
assolutamente inerti: pochi saranno così schifiltosi; la
maggioranza, dopo aver sentito bistrattare Amleto dai
peggiori guitti, ritornerà a sentirlo. Poiché la grande voga di
Amleto data dal periodo romantico, può essere che il
segreto del suo potere risieda nel suo carattere enigmatico.
“Un’opera enigmatica”, aveva già detto lo Schlegel, che
somiglia a quelle equazioni irrazionali in cui sempre rimane una
frazione di grandezza sconosciuta che non ammette soluzione
alcuna”.»
(M. Praz, Prefazione a J. Kott, Shakespeare nostro
contemporaneo, Milano 2006)
[*] On the Tragedies of Shakespeare, considered with
reference to theri fitness for Stage Representetion