"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 13, settembre 2007 

 


 

n. 13 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 13

 

 

37.  Il demiurgo occulto

 

 


AMLETO - Il destino mi chiama…

(Atto I, sc. 3)

 

GUILDENSTERN - Fortunati di non essere troppo fortunati.

(Atto II, sc. 2)

 

FORTEBRACCIO - Con rincrescimento abbraccio la mia buona sorte. (Atto V, sc. 2)

 

 

«La grande tragedia come la conosciamo nei Greci e in Shakespeare consiste nella creazione di un modello artistico del mondo nel quale il demiurgo occulto non ha voce, non esprime adesione né dissenso, non s’impone come giudice o interprete, nemmeno attraverso il coro greco o gli a-parte. L’autore si cancella e lascia parlare le cose. La rappresentazione consiste nel conflitto al presente, senza divenire, crescita, esito o superamento dialettico, dei punti di vista autonomi (idee del mondo o «sottomondi») dei personaggi singoli (uomini o dèi nei Greci) e corali che vi sono mostrati, e che sono oggettivati al massimo, non come «oggetti della parola dell’autore» ma come «soggetti della propria parola» (Bachtin). Questi punti  di vista si esprimono nell’azione o la costituiscono. Tutto è ricondotto all’orizzonte del personaggio. La tragedia è visione di visioni conflittuali del mondo, e senza che la realtà - un universo costantemente scisso tra un sopra e un sotto, un mondo pervaso di forze inaccessibili alla ragione umana, diviso nei due livelli interagenti dell’immanente e del trascendente – ne riceva spiegazione. Il messaggio globale (…) che l’autore destina al suo fruitore ideale è, nella sua natura inconclusiva, non consolatoria e blasfema, l’irrazionalità, la conflittualità, la non spiegabilità, la natura aporetica del mondo stesso. (…). Rispetto ai suoi liberi personaggi, il vantaggio dell’autore è la coscienza tragica di cui essi mancano, pur essendo coscienti della propria «tragicità» nel senso inferiore, comune e banale del termine.»

 

(N. D’Agostino, Shakespeare e i greci, Roma 1994)


 torna a  

 

     torna su