«Tra quelle che
credeva essere le sue virtù, nessuna Tiberio apprezzava quanto la
dissimulazione» (Tacito, Annali, IV, 71)
Amleto - …forse
d’ora in poi crederò conveniente affettare un umore fantastico..
(Atto I, sc. 5)
Se la Terra non è più al centro del
cosmo, come riconoscere un pazzo? E quelli che almeno simulano
coscientemente la follia sono meno pazzi degli inconsulti o affetti di
follie esponenziali, illusi di curare – o di approfittare – del male
replicandolo come una maschera è la replica di un volto?
Come fidarsi allora di qualcuno?
Dice il buffone: «Io riconoscerò la tua assennatezza solo allorquando
sosterrai l’opinione di Pitagora, e quando avrai timore di uccidere
una beccaccia per paura di spodestare l’anima di tua nonna» (La
dodicesima notte, Atto IV, sc. 1). - «Gli uomini dovrebbero
essere quello che sembrano; o se no, non sembrare neppure uomini»:
bello, peccato che lo dica Iago (Otello, Atto III, sc. 3).
La verità è che sopravvivere è mentire, e può essere comodo essere
«creduto pazzo» (Tito Andronico, Atto V, sc. 2), come
vorrebbe Amleto e come fece uno dei suoi modelli, Bruto («l’apparenza
esterna del romano Bruto nascondeva il suo discernimento sotto le
sembianze della follia», Enrico V, Atto II, sc. 4).
Ad Amleto non interessa non essere
pazzo, vorrebbe solo che la sua follia fosse, come quella di
Fortebraccio che va a far morire qualche migliaio di soldati
per un pezzetto di Polonia incolta, fattiva. Un Fortebraccio
radicalmente consapevole della guerra potrebbe parlare così: «Gli
uomini erano proprio quello che mi mancava e voi me li date. Ve ne
sono grato; eppure siate certi che è come se metteste armi affilate in
mano a un pazzo.», Enrico VI parte I, Atto III, sc. 1).
Sincerità che, venendo da un re, non costa niente.
E certo, simulare c’è a chi pesa di
più a chi meno, ma nessuno che la eviti: Polonio dice che occorrerà
«col volto della devozione e con gesti di pietà inzuccherare lo stesso
demonio». Il Re: «Oh, è
troppo vero! che cocente sferzata dà questo discorso alla mia
coscienza (…) O greve peso!» (Atto III, sc. 1). Ma senza che un
così platonico rimorso faccia succedere niente: teatro specchio della
vita.