"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 5, ottobre 2003

 


Interviste impossibili  di Giorgio Manganelli

 

 

 

 

3. Inanimate passioni

 


 

Il saggio Elia (a-lie) non avrebbe mai mentito su un tema così cruciale:  gli uomini possono essere divisi in due classi, anzi in due razze nette e distinte, quelli che "pigliano a prestito" e quelli che danno in prestito".  Fin qui, tutti d'accordo. Ma stava già in agguato l'apprendista Illustre Anglista, un Mario Praz giovinetto, per quanto fin da allora sospettato di eretica genialità. Gli capitò, infatti, di tradurre l'Elia di Charles Lamb, e quell'effetto chimico da cartina da tornasole lo convinse per nulla. Bisognava spingersi oltre: se il Mondo non è che una mia Rappresentazione, e ognuno vede l'altro sempre sotto specie di qualche perniciosa idiosincrasia, perché non rimontare a una distinzione "originaria ancora più fondamentale: uomini che tengono alla casa, e uomini che non ci tengono affatto"? Ecco il grado zero del discrimine. “L'uomo che non ha il senso della casa e che non si sente commuovere dall'armonia dei begli arredi è per me, come per Shakespeare colui che è sprovvisto di senso musicale, nato per il tradimento, per gli inganni, per le rapine. I moti del suo animo son foschi come la notte, i suoi appetiti neri come l'Erebo. Non fidarsi d'un uomo siffatto!” (La Filosofia dell'arredamento)

  Quanto al mobilio, il Manga già di suo era, di volta in volta, servo muto da salle à manger, etagère degli altrui ex voto, lit en bateau sormontato da aquila bipenne e guardona, e se possibile, lambito anche da flutti in tempesta (proprio come nei collages approntati da Ernst dopo una notte d'amore con Peggy Guggenheim); altre volte più semplicemente tapiro insufflato in un soffice sofà, o canapè di via Senafé; sorta di adiposa silhouette della famosa poltrona di Gurdjeff, armamentario lussureggiante di ammennicoli, di tra l'objet trouvé alla Duchamp e il "fasto Boulle" del Gran Condé… Un tipo di sedia girevole, finemente lavorata, nondimeno diabolico ricettacolo di furfantesche follie con cui il Maestro illusionista faceva quattrini tra le vie di Bassora e New York: ovunque sporteletti per il Vermuth, spazzole per le scarpe, lucidatrici automatiche, citofono senza fili...

"La casa sia, per giacimento o memorie affettive, o valore simbolico, dolorosa a chi si appresti a lasciarla: diciamo tra cloaca, prigione, e famigliola; orribile. Non pertanto, nel dipartirsene ne avrà gran pena. Guardate l'uno o l'altro di questi oggetti vilissimi; armadio con tela a rose; o sedia con bellurie vegetali, in rilievo, dove va il culo; roba anonima, innominata, imbattezzabile. Sedie, armadi a migliaia sono fatti a quel modo: sosterrai che quella cosa inferma, codarda, deforme, possa tener luogo di divinità? Lo affermo. E chiudere, nel proprio tarlatissimo, sgangherato legno, anima capace di impartir morte e vita? così appunto intendo; quelle sono cose angelicate e diabolate, e se ne avvide l'uomo tra quelle esiliato, che, ansioso di scari documenti, frugò gli interstizi degli oggetti, e con sgomento e compunzione levò gli occhi a scrutare le rose e si prostrò ai piedi della sedia, e mendicò l'assoluzione da  un cassetto"(Hilarotragoedia).     

 


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