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ottobre  2003

NUMERO 5

Le interviste impossibili

 

 

di: Giorgio Manganelli


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Interviste Impossibili

Giorgio Manganelli intervista: 

Fedro, Dickens, Tutankhamon, Casanova, Harun al-Rashid, re Desiderio, 

Nostradamus, Marco Polo, Eusapia Paladino, De Amicis, Fregoli, Gaudì

 

Cioran li chiamò "esercizi di ammirazione": azzardarne su Manganelli vuol dire eccitarsi in un groviglio di imbarazzi. E’ talmente acuto e divertente, che il meglio che si possa fare è darne un po’ di esempi, spalancare le virgolette e riempirle di citazioni. E così arrendersi, mettersi in un angolo e ascoltarlo ancora, funambolo temerario e impaurito, in bilico sui suoi baratri di parole: voragini spalancate sul sacro, l’anima, la scrittura, il nulla.

Il bello è che, così abissale e scrupoloso, è proprio divertente: se in Italia qualcuno ha scritto battute da far gara con Billy Wilder e Lubitsch, è stato Manganelli, con in più la colpa di essere spaventosamente colto. Ma perfino questa menda - avrebbe detto lui - onerosa, non cancella il fatto: Manganelli fa ridere, e il riso, come diceva il dottor Freud del corpo, tradisce l’anima e non mente mai.

E veniamo al libro. 

Con le Interviste Impossibili, finiamo in una specie di Deserto dell’Attesa Vana e cioè Perfetta: un posto alla Godot, ma più – colore dantesco – “perso”, e, appunto, più comico. Tutti del resto vi ragionano come Cappellai Matti.

 

Discendiamo – piccola e instabile la sonda del “compagno segreto”, navicella buona solo per perdersi! – ne labirinto notturno, ariostesco e sconfinato di una “fra le massime scritture del Novecento” (Giorgio Agamben).

Chi ha letto Manganelli, sa che quel posto ha molti nomi: Palude, Inferno, Ombra, Menzogna, Errore… 

P.S.: Possono esserci dubbi che Manganelli abbia davvero incontrato Fregoli, Dickens e il califfo di Bagdad? Certamente, anzi, molti altri. Né c’è da dubitare che Bosch sia un pittore appena realista del mondo di Qua spalancato su quello di Là. E viceversa: certe cose non s’inventano.

 

 

 

 

 

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