“La
musica di Mozart è troppo difficile per il canto”.
Così
disse più volte, niente poco di meno, che il migliore degli
Imperatori possibili, Giuseppe II.
La
fama di compositore difficile Mozart se la portò avanti tutta la
vita, e il Don Giovanni forse più di qualunque altra opera. Aveva il vizio
delle “troppe note” egli accompagnamenti e non rispettava i
generi. Chissà perché, piaceva tanto a quei provinciali di Praga…
Anche nelle Memorie di Da
Ponte si legge che Don Giovanni a
Vienna “non piacque”. Ed è tutto, da parte del suo librettista,
che dunque non ci trovò molto da difendere neppure lui.
A
Vienna, al Burgtheatre, Don
Giovanni arrivò il 7 maggio del 1788, con diverse aggiunte –
questi cantanti mai contenti! - rispetto all’opera rappresentata a
Praga. La aveva richiesta Giuseppe II: 225 fiorini per Mozart e 100
per Da Ponte.
Così,
dopo solo quattordici repliche nella stagione 1788-89, Don Giovanni lasciò le scene. A difenderla, del resto, era rimasto,
a parte Mozart, solo Joseph Haydn (“Non è opera fatta per l’anima
viennese. Si adatta meglio ai
praghesi, ma soprattutto è scritta per me e per i miei amici”).
Il
giudizio di Haydn coincide, a proposito dei viennesi, con quello di
Giuseppe II: “L’opera è divina; è forse più bella del Figaro, ma non è cibo pei denti de’ miei viennesi”, così
riferisce Da Ponte che riferì subito a Mozart: “lasciamo loro tempo
da masticarlo”, il che, secondo Da Ponte sarebbe accaduto con sua
piena ragione, ottenendo il Don
Giovanni un successo crescente, tale da porre l’opera “tra le
più belle opere che su alcun teatro drammatico si
rappresentassero.”
Almeno
per una decina d’anni, falso.
Quando
l’opera tornò a vivere in un teatro, in tedesco, si era nel 1798:
Mozart era dunque morto da sette anni.