Vado… Ma dove? Oh Dio!
Resto… Ma poi… che fo?
Dunque morir dovrò
Senza trovar pietà?
Negli
anni in cui Da Ponte impara il mestiere dei versi, c’è un
astro nuovo, Pietro Metastasio (1698-1782), quintessenza
dell’Arcadia: finalmente, dopo il bearsi gravoso tra
supermetafore e altre pirotecnìe concettose di Marino e dei
marinisti, un po’ di leggerezza! – La lingua facile, la
sintassi lineare, le frasi brevi: pulizia e musicalità:
"un gioco con tre palline che lascia completamente
ipnotizzato" (Manganelli).
Una
lingua e un gusto che si diffuse in tutta Europa,
soprattutto da quando, nel 1730, Metastasio divenne poeta
cesareo alla corte imperiale di Vienna.
La
sua Didone abbandonata,
di cui si è riportato forse il pezzo più famoso, fu
musicata da più di sessanta autori, e tra questi Albinoni,
Galuppi, Porpora, Cherubini, e Paisiello.
Riportiamo
questo encomio di Goldoni:
Fatale
in oggi è il destino per tutta l'Italia de' Musicali
Teatri. Mancano i drammi dacché ha cessato di scriver il
soavissimo Metastasio. Molti provati dopo di lui si sono
valorosi e dotti. Ma l'orecchio avvezzato a que' dolci
versi, a que' gentili pensieri, a quel brillante modo di
sceneggiare dell'egregio Poeta, non ha trovato ancora chi
vaglia ad uguagliarlo. (Dedica del Don Giovanni
Tenorio o sia Il Dissoluto).