Autunno
del 1785: Da Ponte e Mozart sul Mariane
de Figaro di Beaumarchais.
L’entusiasmo
è un grande balsamo vede il futuro buono che pulsa in qualunque presente
disponibile. Visti i fiaschi precedenti di entrambi, senza quella lente il
quadro sarebbe di due perdenti che si suicidano del tutto scegliendosi un
testo che scotta.
Quando
la commedia arrivò a Vienna, l’Imperatore scrisse al direttore dei
teatri Rosenberg: “mi aspetto che il censore la rifiuterà del tutto, o
introdurrà cambiamenti tali da poter garantire che non vi siano effetti
sconvenienti”.
La
scelta del soggetto fu di Mozart, e “piacque assai” a Da Ponte.
Le nozze di Figaro dovrebbero raccontare come uno della “gente
plebea” si vendica del “contino” che vuol far la festa alla sua
sposina: “tutte le macchine” che quel birbone metterà in atto per
ottenere il suo ormai almeno indichiarabile jus
primae noctis, rovesciate dall’astuzia di un servo: altro che il
Renzo Tramaglino che va a nascondersi dietro a sottana d’un frate.
Da
Ponte, che sempre si vantò di essere straordinariamente rapido, nelle sue
Memorie riduce il tempo della scrittura parallela del libretto e
della musica a sole sei settimane: una leggenda. Stando alle lettere di
Mozart, ci vollero almeno sette mesi.
Il
risultato, si sa, fu miracoloso e straordinariamente nuovo: un’opera in
cui tutto obbedisce a una meravigliosa coerenza teatrale: “il desiderio
nostro di offrire un quasi nuovo genere di spettacolo” è annunciato da
Da Ponte nella prefazione del libretto stampato per la prima.