"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 2, gennaio 2003


 

"L'Amore" di Stendhal:

 

2. La lotteria

 

 

 

Come gli succedeva spesso, e come è inevitabile quasi sempre, Stendhal credeva a due cose contraddittorie allo stesso tempo: che esistesse un “progresso” nella letteratura – arte essenziale per la “conoscenza del cuore umano”! - come esisteva un progresso nella costruzione dei telai, nella medicina, nella conoscenza delle stelle e via dicendo: credeva così che fossero stati fatti “passi da gigante” dal Montesquieu delle amate “Lettere persiane” a Rousseau, a lui. – Allo stesso tempo, fu sempre più sicuro che la storia dei successi letterari era una storia di puri e semplici “casi” (hasard è una parola che torna nelle sue pagine così spesso!): per cui scrivere un libro è, né più né meno, la stessa cosa che comprare un biglietto alla lotteria: qualcosa che si fa alla cieca, un po’ sventatamente, per vitale ingiustificabile ottimismo di fronte alla roulette matta della vita.

La sorte di un libro è qualcosa di cui non si potrà mai sapere niente, come non si può sapere niente di un messaggio sigillato in una bottiglia e affidato alla corrente. Al di là poi di questa ignoranza degli imponderabili casi della vita, c’è da abitare un’ignoranza ancora più essenziale: quella sulla qualità dei propri talenti: “Si può conoscere tutto, eccetto se stessi” (Ricordi di egotismo): come sarebbe possibile allora un “progresso”? – Tutto si riassume in frasi drasticamente semplici: “ho agito secondo l’umore, secondo il caso”. In francese: “j’ai agi par humour, au hasard”. 

Stendhal fu sempre più convinto che nulla di sé potesse dirgli nulla di definitivo, neppure a vita fatta e finita, su cosa sia stato in realtà: impossibile sapere quindi se avesse scritto libri noiosi.

Stendhal si liberò a fatica del feticcio malioso della “gloria” (vedi cosa ne scrive nel giovanile “Philosophia Nova” e poi nei libri maturi) e questa è una delle conseguenze.

Del resto, se davvero la storia dell’arte illustrasse la sequenza inevitabilmente esatta dei capolavori creati dall’uomo, accolti presto o tardi nell’Olimpo museale del nostro bel mondo, data l’incuria degli uomini, vorrebbe dire che esiste un Dio che a tutto ciò provvede: se non un dio uno e trino, almeno un Apollo: il che non è.

 

 

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