Stendhal,
che fu uno degli scrittori più veloci che siano mai esistiti
(vedi gli articoli sulla “Certosa di Parma”),
all’inizio era lentissimo.
Ci
sono delle dedizioni che, tanto più sono ostinate, tanto più
sembrano vicoli ciechi: Stendhal infatti da giovane – ma anche
più in là – voleva scrivere in versi: prima poemi e tragedie
e commedie, poi, almeno, e come se fosse più facile, libretti
d’opera.
Ci
si potrebbe divertire a confrontare il racconto che fece dei
suoi tentativi poetici con le pagine della “Vita” di
un altro ostinato, molto ammirato da Stendhal: Alfieri. Per
entrambi la fatica cruciale era il passaggio dalla stesura in
prosa alla musica dei versi:
le due storie non sono diverse in nulla, diversi furono solo i
risultati.
Quando
per esempio Stendhal si dedicò a una commedia,
“Les Deux
Hommes”, tre mesi di lavoro gli spremettero fuori appena
tre scene: nei giorni ottimi cuciva assieme dieci versi, ma la
media era di tre-quattro. Questo calcolo se lo fece da sé (era
un uomo che amava misurarsi): “Il mese scorso, ci ho messo due
ore e cinquantasei minuti per ogni verso”.