È
tipico dello spirito di Stendhal che l'intransigenza si trasformi in
divertimento, soprattutto di fronte allo spettacolo offerto dalla
corte di Roma.
Nel
1823 scrive a Clémentine:
"Vi
sono tre o quattro romane di smagliante bellezza… Indossano abiti
estremamente scollati, e bisognerebbe essere proprio incontentabili
per non sentirsi riconoscenti nei confronti della loro sarte.
Figuratevi, signora, la mescolanza di quaranta donne vestite a quel
modo, e di quattordici cardinali, più un nugolo di prelati… La
faccia degli abati francesi fa davvero morir dal ridere; non sanno
dove posare gli occhi, in mezzo a tanta grazia; i prelati romani le
guardano fisso con un ardimento assolutamente lodevole. Fra i
piccoli piaceri che può dare l'alta società, uno dei maggiori è
vedere un cardinale, in ampia veste rossa, dare la mano, per
presentarla in un salotto, a una giovane dallo sguardo acceso,
luminoso, svagato, voluttuosa e vestita nel modo già descritto.
[…] Nonostante gli abiti graziosi di quelle dame, e gli amabili
capolavori che si vedono la mattina, Roma non mi seduce proprio, mi
sento troppo isolato.”
Roma
unisce sacro e profano, mancanza
di etichetta, anarchia e resistenza al cambiamento, facilità
e pericolo, ipocrisia e sfacciataggine, corruzione e disincanto.