Stendhal
arriva a Firenze per la prima volta il 22 gennaio 1817. All'inizio
con qualche pregiudizio, suscitato dal pauroso racconto del
vetturino, riguardo certe bande di ladri assassini degli Appennini.
Pensando subito male dei fiorentini, brucia le diciassette lettere
di raccomandazione. Ma scendendo da via Bolognese, alla vista della
città nella pianura, circondata da “montagne pelate”, su cui spicca la rossa cupola del Duomo,
Henri si emoziona. Comincia a
enumerare tutti i grandi del passato e il cuore gli batte forte: “I ricordi si affollavano nel mio cuore, non mi sentivo in condizione di
ragionare e mi abbandonavo alla mia follia come al fianco della
donna che si ama”. Lungo
le strade non si perde: è come se le avesse
già conosciute. Si lancia alla scoperta della città, visita
S. Croce, ne esce con tachicardia e
vertigini. Si siede su una panchina della piazza e tira fuori
dal portafoglio i "Sepolcri":
“non vedevo i loro
difetti: avevo bisogno della voce di un amico che condividesse la
mia emozione”.
Si
comporta esattamente come un turista moderno, seguendo il medesimo
itinerario e gli stessi riti: siede a un tavolino del caffè Revoire
in Piazza della Signoria - avrà preso la cioccolata che rende
indimenticabile per tutti quel locale? -, passeggia alle Cascine e
si lamenta della folla: “Firenze è solo un museo pieno di stranieri”.
La
sera va al teatro del "Hhohhomero,
è così che si pronuncia Cocomero. Sono furibondo contro questa
lingua fiorentina, così celebrata. In un primo momento mi è parso
di sentire dell'arabo, e non si può parlare svelti”.
Anche a Firenze impazza “Il Barbiere di Siviglia”.
Allestimento e rappresentazione modesti e mediocri, ma che gli danno
modo di scoprire il carattere dei fiorentini.
Scrive
su "Roma, Napoli e
Firenze":
"L'istinto musicale mi fece
vedere, sin dal giorno del mio arrivo, qualcosa di inesaltabile in
tutti quei volti; e la sera non restai affatto scandalizzato del
loro modo saggio e corretto di ascoltare il "Barbiere di
Siviglia…Arrivando da Bologna, terra di passioni, come non restare
colpiti
da qualcosa di ristretto e di arido in tutte quelle teste?…
L'amore-passione s'incontra di rado tra i fiorentini".
E
sulle donne commenta: "Quello che non troverete mai, è l'aria esaltabile, ma in
compenso, spirito, fierezza, ragione, qualcosa di finemente
provocante… Ma quegli occhi così vivaci e penetranti han l'aria
più disposta a giudicarvi che ad amarvi. Ci vedo sempre l'idea del
ragionevole, e mai la possibilità di fare follie per amore".
Insomma: “Perché l'Italia potesse
presentare tutti i contrasti, il cielo ha voluto che essa avesse una
terra assolutamente priva di passioni: è Firenze”.