Su
questo capitale argomento, tutto l’ultimo capitolo della Seconda
Parte del “De l’Amour”. Qui don Giovanni viene battuto
nel suo stesso campo: quello della quantità e della qualità del piacere:
“Il
piacere che si trova accanto ad una bella donna, desiderata per
quindici giorni e mantenuta per tre mesi, è differente dal
piacere che si prova con un’amante desiderata per tre anni e
mantenuta per dieci.” – “l’uomo trepidante non si annoia. I
piaceri dell’amore sono sempre in proporzione al timore”. Certo
la quantità di piacere è proporzionale alla qualità del rischio,
e se don Giovanni (qui si anticipa Kierkegaard…) rischia tra una
conquista e l’altra la noia, l’innamorato rischia la vita.
E
dunque, usando una similitudine non poco petrarchesca, Stendhal
scrive:
“L’amore-passione,
per quanto riguarda i don Giovanni, può paragonarsi ad una strada
insolita, ripida, scomoda, che però comincia attraverso un
delizioso boschetto e si perde ben presto in mezzo a rocce scoscese,
il cui aspetto non potrebbe mai affascinare uno sguardo comune. A
poco a poco la strada si inerpica su per alte montagne, in mezzo a
cupe foreste i cui immensi alberi, nascondendo la luce del giorno
con le loro folte chiome che raggiungono il cielo, precipitano in
una sorta di orrore gli animi non temprati dal pericolo.”
Del
resto, non c’è morale da trarne, in quanto non si sceglie di
essere, o meno, innamorati; ed è “sempre un po’ ridicolo
cercare di convertire il prossimo”.