Storia
d'un Amore a cui bastò un fantasma
4
marzo 1818: “inizio
di una grande frase musicale”, e anche del “primo corso
di logica” a
cui – duramente - Stendhal sentì che la vita lo
sottoponeva. E’ il giorno in cui conosce Matilde.
La
chiamerà sempre “Métilde”. La amò come un Werther, e come un
Werther fu ricambiato: insomma, non successe niente.
Ancora
una volta, l’amore lo
paralizza, del resto – lo scrive nel diario – innamorarsi
è proprio una “disgrazia”: Stendhal prova infatti a superare la
timidezza ostentando sicurezze in realtà fasulle, con risultati
ancor più catastrofici:
Questa
è una lettera del 4 ottobre 1818:
“C’è
una prova molto evidente del mio amore, è la goffaggine con cui mi
comporto quando sono con voi, che mi mette in collera contro me
stesso e che non posso superare. Sono coraggioso fino a quando
arrivo nel vostro salotto; appena vi vedo, io tremo.”
Eppure
Matilde accetta la presenza costante di quell’innamorato
impacciato, ma niente di più.
Il
legame non ebbe infatti la minima possibilità di farsi pericoloso.
Tanto più che una cugina di Matilde, Francesca
Traversi, antifrancese fanatica, detestava Stendhal e lo
calunniò come libertino, fama che del resto a Stendhal piaceva
ostentare con luciferine esagerazioni.
Se
Matilde avesse letto nel diario del suo spasimante, avrebbe infatti
trovato questa “regola di condotta”: “badar sempre a quello:
solo the women possono distrarmi da M.”
Insomma,
un chiodo sessuale che schiaccia il chiodo amoroso… chissà se
Matilde avrebbe capito che non erano che parole, che diari ed
epistolari
possono essere tenuti anche per mentirsi, recitarsi,
inventarsi…
Non
occorse che sbucasse fuori questa pietruzza per lo scandalo: pare
bastarono le cattiverie sussurrate acidamente dalla cugina
Francesca. ì
Così
Matilde allontanò Stendhal dalla sua casa, e lui si
ritrovò ad essere escluso, senza riuscire a indovinarne la ragione,
dalla donna che amava.