"Una
vittoria folgorante",
ma
in Amore mai sedersi sugli allori
Quando
si innamorò di Stendhal, Clémentine era sulla soglia dei trent'anni.
Era sposata al generale Curial, uomo dal pessimo carattere e per giunta
libertino. - Lei era una donna dagli “occhi pieni di candore”, ma in
realtà appassionata, impulsiva, capricciosa. Lui la chiamò
“Menti”.
Stendhal
si manteneva sconsolantemente a distanza: eppure l’eros era acceso da
tempo, per l’esattezza da dieci anni, quando, un mattino le aveva
visto i piedi nudi. Stanca di aspettare un'iniziativa che non arrivava,
Menti
si lanciò lei in una dichiarazione in piena regola: era il 22 maggio
1824. Lui definì la cosa
“una vittoria folgorante”.
Il
rapporto tra i due durò un paio d'anni, tra alti e bassi, tempeste,
gelosie
e un mare di lettere: finalmente Henri aveva incontrato una
grafomane degna di lui. Purtroppo ne sono rimaste pochissime. Pare che
la maggior parte della corrispondenza
fosse stata distrutta dai parenti dello scrittore, alla sua
morte,
per evitare di divulgare contenuti licenziosi.
Fu
infatti una relazione tempestosa e sensuale.
Menti, che allora
aveva una figlia di dodici anni, fu capace di tenere per giorni Stendhal
nascosto nella sua cantina: appena poteva, gli portava da mangiare e ci
faceva l’amore.
Lei
gli scrive:
“Vorrei
passare dei mesi interi con te e vorrei che non mi fosse possibile
accordarti niente; soltanto allora mi crederei veramente molto amata. In
quanto ai
tours de force
di un certo genere, io ne approfitto, ma
non li stimo affatto…”
Menti
lascerà Stendhal, nel 1827 per un capitano dello Stato Maggiore del
marito.
Dieci
anni dopo, Stendhal provò a riallacciare la relazione, e lei, drastica
forse come sempre, gli scrisse che “Non si poteva riaccendere il fuoco
con le ceneri”.