“…mica
cogito per il pianeta!...”
(F.
CÉLINE, Intervista A A. BRISSAUD, 17
ott. 1954)
“A
questo mondo non si capisce niente”
(A.
ČECHOV, Le luci)
“le opinioni non erano il suo forte,
le opinioni non vanno mai al sodo”
“Scusi”, replicò molto cortese lo sconosciuto “per
governare occorre in qualche modo avere un piano
preciso, per un periodo di tempo almeno decente (…)
diciamo di mille anni.” (M. BULGAKOV, Il Maestro e Margherita)
Non
dovevano starsene lassù, a svolazzare, candide pollastre angeliche,
nell’Iperuranio?
E
invece, e da sempre, tutte qua, e in abbondanza! - Le Idee,
come i baccelloni dell’Invasione
degli ultracorpi, proliferano infatti in tutti i modi:
per gemmazione, clonazione e vampirismo. – Psicologicamente, il dottor
Carl Gustav Jung le classificherebbe tra i “tipi
estroversi”: gente insomma che tende all’esagerazione:
e infatti sono promiscue, retoriche, megalomani, patologicamente
fattive.
Né
basta: mentre in realtà se la fanno con tutti, le Idee
spacciano le pulsioni che le agitano per sistema. Sono
ambiziose e infatti aspirano all’apftega,
al postulato, addirittura - come Dio - alla tautologia. In realtà non
resistono a star ferme più di cinque minuti. Sono instabili e mutanti,
e cedono presto alla lussuria della glossa, alla libidine del
codicillo e della variatio. Avendo cattivo gusto, la
teratologia è quella che ne spaccia irresistibilmente la virtù: vanno
in fregola per il kitsch, il caos, la babele. Sono demagogiche e
commoventi. Credono alle loro bugie: ed è lecito immaginare che le
inventino proprio per questo.
Più
che pensare, le Idee
parlano,
parlano, parlano: si sprecano in spiegazioni, si stremano in teorie come
Penelope sulla tela. Amano l’acqua calda perché, come l’America,
disposta a farsi scoprire spesso. Credono di ricordare proprio ciò che
stanno dimenticando. Credono nei fini e nelle cause. Sono quindi
avvocatesche: dimostrano meglio di Gorgia, e più gratis di Taormina,
l’esistenza e l’inesistenza di qualunque cosa. Anche, va da
sé, di se stesse.
Le
Idee
preferiscono la critica all’arte, il saggio al
sonetto, le coreografiche campagne elettorali alle noie del governo, il
serio al faceto, il logos al topos, il cane al gatto, la prosa al verso,
il significato al significante, lo spirito al corpo. - Va anche detto
che, come un sicario al mandante, sono segretamente e infallibilmente
funzionali a qualcos’altro, che resta però innominato… E poi
viaggiano! Diffondendosi, soprattutto le peggiori (legge della moneta di
Gresham!), da una bocca a mille
orecchie e così via: come le calunnie di Rossini!...
Utili
per un seggio in Senato o un Nobel a piacere nell’ambito
politico-umanistico, sono pessime per altre cose: per lo più, però,
clandestine. – Per esempio, se proprio prende il piripicchio di scrivere,
occorrerà prima liberarsene del tutto, come della gramigna che infesta
l’evangelico orto.
Nel
caso si scriva, diciamo così, artisticamente, si lascino
insomma le Idee
“ai magnaccia, ai confusionisti!...” (F.
CÉLINE, Intervista A A. Brissaud,
17 ott. 1954), e si rinunci, nella pratica perenne
dell’“autopiallatura”, assolutamente “al fattore risposta” (G.
BENN, Pietra, Verso, Flauto)!
Insomma,
come scrive il dottor Čechov,
“E’ così chiaro!”...
Anche perché, quel poco che c’era
da pensare se bell’è
pensato da un pezzo! - E così, “i
pensieri sulla vanità della vita, sulla nullità e sulla precarietà
del mondo visibile, sulla “vanità delle vanità” di Salomone
costituivano e costituiscono ancora oggi il gradino superiore e ultimo
nel campo del pensiero umano. Il pensatore giunge sino a questo livello
e... la macchina si ferma! Non si può andare oltre. Con questo termina
l’attività di un cervello normale, cosa naturale e nell’ordine
delle cose” (A. ČECHOV, Le
luci).
Ecco,
ora che sai che tutto è stato pensato, dimentica e scrivi!
N.B.
Per
vedere all’opera addirittura un paio di scrittori pensanti,
leggi tutto il primo capitolo del Maestro e
Margherita del dottor Bulgakov.