Nessuna
Medicina –
e
dunque - non era malattia –
Né
occorreva un Chirurgo –
e
dunque - non era Pena
(E.
DICKINSON, 559)
Nello
stesso momento (1884),
a ventiquattro anni, Čechov diventò medico e malato. La sua scelta fu curarsi
con un’accurata assenza di cure, ignorando la tisi: “mi spavento solo quando vedo il
sangue: nel sangue che vien fuori dalla bocca c’è qualcosa di
sinistro, come nel bagliore di un incendio”
(1888).
– Fin quasi alla fine, questo il
sillogismo:
“Terribile è ciò che non si
teme; in compenso, ciò che desta le nostre apprensioni non è
terribile. So dunque che morirò di una malattia che non temo. Ne
consegue che se ho paura, non morirò”
(Lettera
a S. Suvorin, 24 agosto 1893).
Consolazione
per i riottosi alle medicine preventive come alle estreme: se parla
così un dottore!...
Come
i pazienti più discoli, il
dottor Čechov, dunque,
dalla malattia ricava una consapevolezza,
ma non una pratica: “I
medici hanno individuato un processo apicale nei polmoni e m’hanno
prescritto di cambiar metodo di vita. Capisco la prima cosa, non la
seconda, perché quasi impossibile” (Lettera
a Aleksèj S. Suvòrin, 1°
aprile 1897). Impossibile, come del resto, non
morire, dato che
“persino
respirare è nocivo” (Lettera
a Eléna M. Šavròva, 28 febbraio 1895). -
Bouvard, Pécuchet, e il loro nipotino di Trieste Zeno,
applaudirebbero entusiasti.
Čechov vivrà
fino al 1904: tisico per
vent'anni, sempre convinto che sarà in ogni caso ottima cosa non
pensare troppo alla salute, dato che - sarà d’accordo il dottor
Benn! - pensarla è già perderla: “Basta
infatti mettersi a spiare il proprio cuore, ascoltarne il battito,
perché le pulsazioni aumentino”
(Lettera a
Nikolàj A. Léjkin, 17 aprile 1887).
Come
questo dovere di spensieratezza vada d'accordo col sillogismo
precedente, è evidentemente un koan che
si pratica e non si predica,
e tale resti.
Nel 1895
Čechov, cronicamente
ateo e
malato,
è un uomo quasi ricco: ancora
più che ricco, generoso. Preferendo fare il medico che l’ammalato,
curava i muziki
gratis e questi accorrevano dalle campagne alla dacia di Melichovo.
- In verità, amava fare un sacco di filantropiche cose: spendere
molti soldi e molto tempo perché si mettessero a posto strade, ufficî
postali, ponti, chiese, scuole... Era
anche un ottimo padrone di casa: molto ospitale.