"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 8 luglio 2004

 

Elogio degli uccelli di Giacomo Leopardi


 

 

 


2. Dove lo metto? 

 

 

Perché le Operette proprio in quest’ordine?

Se la prima attività del critico è la disposizione dei libri in una biblioteca (Borges), l’ultimo gesto dello scrittore sarà la disposizione dei suoi testi in modo da suggerire lacci e intrecci, rimandi ed echi più o meno sottesi?

Si sa, per esempio, quanto pensata fosse stata da Petrarca la disposizione dei Fragmenta per Laura, per questo capaci di farsi - e fu la prima volta - “Canzoniere”. 

Nel nostro caso, soprattutto si sa che Leopardi voleva la lettura integrale del libro, e che si rifiutò all’idea del suo sminuzzamento, apparentemente facile (un’operetta per volta) sulle gazzette.

Azzardiamo allora qualcosa proprio sulla posizione dell’Elogio, che, vedi caso, è al centro di un trittico di uccelli.

Appena prima, infatti, il Dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Gutierrez finisce con la visione degli uccelli (“Anche gli stormi degli uccelli...”) che annunciano la vicinanza della terra sconosciuta; segue l’Elogio cantante del filosofo Amelio, e quindi  - stupefacente contrappasso - il Gallo sarcastico del Cantico, “culmine filosofico” (L. Cellerino, Operette Morali, Letteratura Einaudi) del libro intero!

Un gioco simile di reciproca fraterna contraddizione lo leggi nella sequenza delle due ultime operette: Plotino e Porfirio e quindi Tristano, che sul suicidio dicono qualcosa di opposto, tenendo così aperto un campo di pensieri che, ancora una volta, non può trovare  “conciliazione se non, fuori del testo, nel fatto” (Ibid.).

Ma il Cantico senza l’Elogio, come il Porfirio senza Tristano, è Yin senza Yang, e del resto la stessa Cellerino delle Operette chiarisce bene la “struttura non gerarchica e non “monologica” (direbbe Bachtin), aperta alla contaminazione, polimorfica e policentica, comica e ironica, e tuttavia « dialogica »...” (Ibid.).

                            

 


 

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