“Gli uccelli devono
essere freschi e grassi”
(P. ARTUSI, La scienza in cucina)
Anche
in Pinocchio,
al rango più basso di un’uccellesca gerarchia tutt’altro che
scontata, c’è l’onnipresente schitterosa genìa dei
pollastri, certo “nati a soffrir” ben più dei contini di
Recanati. Se poi perfino uno
pronto a tutti i fantasmi come Pascoli,
con le pollastre non trova null’altro da regalare che un
impietosissimo “le utili galline”, vuol dire davvero che tutto
è perduto.
E
non è finita, perché galli e galline non trovano riconoscenza
postuma almeno nella culinaria
sapienza, dove l’occhio egemone resta sempre quello spietato e
mangiafuochesco dell’Artusi
(del Pollo
in porchetta:
“Riempite
un pollo qualunque con fettine di prosciutto...”; e del Pollo vestito:
“Non è piatto da farne gran caso, ma...”)!
Eppure
il buon Dio in persona facilmente si sentiva “come
una gallina che raccoglie i suoi pulcini sotto l'ala” (Luca,
13, 24).
Ahimé!
Per
il riscatto d’un volgo uccellesco che voce usignola non ha,
occorrerà correre su per il Tempo fino alla moglie gallina di Saba,
e soprattutto all’epopea squacquerosa della gallina gaddiana nel
Pasticciaccio!
- Tutt’ora però eccezioni, mentre s’ostina in crescendo la
strage imperterrita che i poveri polli perseguita e perseguiterà
sempre (e vengono in mente certe pagine di Canetti, che si figura un Giudizio
Universale in cui tribunale e giuria sono proprio gli animali a
cui abbiamo riservato il macello e lo spiedo; il che potrebbe
farci leggere il leopardiano Gallo Silvestre anche
terra-terra, e cioè come l’anti-Gatto Silvestro persecutore di
Titti: come la cosmica vendetta di tutti i galletti,
“amburghesi” e non, finiti nel nostro ventre biecamente
onnivoro...).
Tornado
a Collodi: se già Leopardi lascia la gallina a razzolare
in pace nella quiete che segue la tempesta, Collodi concede –
giusto all’inizio del libro – almeno un’eccezione allegra
alla prossima strage di pollastre e galletti del “Gambero
Rosso”: è il “complimentoso” pulcino che, benché cucciolo
di pollo, e dunque di specie di volatili non volanti, “se ne volò
via a perdita d’occhio” non appena Pinocchio ruppe l’uovo
che avrebbe dovuto consolare il suo primo digiuno.
Come
si sa, infatti, il pulcino volante avrebbe dovuto essere il primo
cocco fresco bevuto dal burattino ipercinetico e dunque
affamatissimo: ma sappiamo anche come la sua storia inizi con una
serie di beffe vanamente pedagogiche.