“Si ignora
            anche la grandezza filosofica di Eschilo.
            E la cosa è
            anche più grave. Insieme a pochi altri,
            egli apre il
            cammino dell’Occidente.”
            (E. Severino, Il nulla e la poesia)
             
            Esiste un arco che ha ai suoi estremi Eschilo e Leopardi.
            La parabola che corre dall’uno all’altro è ciò che chiamiamo
            Occidente. Con Eschilo nasce infatti l’illusione essenziale: che
            la conoscenza della verità - quella parte della verità certa e
            immutabile a portata della ragione degli uomini - è il solo rimedio
            che la nostra specie abbia per salvarsi dal dolore. Il dolore
            essenziale è quello della morte. La verità è il rimedio al dolore
            per la propria incompiutezza e mortalità perché la verità come epistéme “è il rimedio al dolore, perché mostra incontrovertibilmente che
            la sostanza di tutti gli essenti, è eterna, “sempre salva” dal
            niente (Aristotele, Metaph. 983 b 13” (E.
            Severino, Il nulla e la poesia).
             
            Solo con Leopardi questo percorso trova il suo epilogo;
            perché “Leopardi, per primo, pensa che la verità è appunto
            l’annientamento della vita e delle cose e che quindi non può
            essere il rimedio del dolore. La verità è il dolore” (Ibid.).
             
            
            Ancora: 
             
            “Nel pensiero di Leopardi la fede nell’“evidenza”
            del divenire acquista una intensità che non aveva mai avuto: con
            estrema potenza testimonia ciò che per essa è la visibilità pura,
            la luce piena dove appare che l’annientamento non distrugge (e la
            creazione non produce) semplicemente gli aspetti accidentali e
            individuali, ma la sostanza stessa e l’intera consistenza
            dell’essente. Testimonia il “nulla verissimo e certissimo delle
            cose” (Zib.
            103)” (Ibid.).
             
            “Che l’angoscia estrema sia prodotta
            dall’annientamento degli essenti e dal loro provenire dal nulla è
            uno dei tratti essenziali e decisivi delle origini del pensiero
            filosofico. Riceve la sue espressione più grandiosa da Eschilo;
            guida l’intera storia dell’Occidente; il pensiero di Leopardi
            ne è la testimonianza più pura, all’inizio del processo in cui
            la cultura contemporanea rifiuta il rimedio
            che la tradizione dell’Occidente aveva preparato contro
            l’angoscia del nulla: la ragione
            come rimedio. E’ “la ragione umana... incapace di farci non dico
            felici ma meno infelici”; anzi, è “fonte ... di assoluta e
            necessaria pazzia” - anche se, certo, “verissima pazzia” (Zib.
            103-4).” (Ibid.).
             
            