“Soli in
questo naufragio continuo e comune
non meno de gli
scritti nobili che de’ plebei...”
(Parini
ovvero della gloria)
La
così detta “logica del mercato”, eufemismo per dire il mondo tenuto
sotto la sferza degli avari, applicata alla Letteratura genere mostri
peggio che goyeschi; dato che sarà chiaro a ogni giovin scrittore
desideroso di fama e di status la proporzione inversa inevitabile: che
cioè tanto meglio scriverà, tanto peggio sarà per lui.
Troppo
consapevole dell’andazzo delle galassie, a differenza di un Foscolo,
Leopardi sul progressivo scacciare i libri buoni con i pessimi (legge di
Graham applicata all'esteitca!), non ci spreca la minima reprimenda, né
saprebbe che farsene dell’aureola di cartone del Genio Incompreso.
Tutto
questo è illustrato alla perfezione nel Parini ovvero della gloria, con
sottigliezza e inesorabilità (questa sì “logica”!) da togliere il
fiato a tutte le verginelle dell’azzurro pianeta.
E
infatti, mente la fruizione di qualunque cose nel mondo delle merci e
degli automi (Accademia
dei sillografi) si fa sempre più rapida e impaziente,
per cui come un pesce naviga nel suo mare mortifera la Moda (cfr. il Dialogo
famoso), la bellezza è lenta: ancor più lenta da fruire che da creare:
“Aggiungi
che per le stesse cause, anche nel primo leggere i detti libri,
massime di genere ameno, pochissime e rarissime volte pongono tanta
attenzione e tanto studio, quanto c’è bisogno di scoprire la
faticosa perfezione, l’arte intima e le virtù modeste e recondite
degli scritti. Di modo che in somma oggidì viene a essere peggiore
la condizione dei libri perfetti che dei mediocri; le bellezze o
doti di una gran parte dei quali, vere o false, sono esposte agli
occhi in maniera, che per piccole che sieno, facilmente si scorgono
alla prima vista” (Parini).
Dove
Leopardi percepì chiarissimamente il collasso venturo - o già
accaduto? - delle belle lettere, era nel dominio sempre più evidente
delle grandi città sulle campagna: e lì, subito presentii
l'ipercinetica da sms, da spot, da clip, da flash... Il tutto, anche
nello Zibaldone
e in qualche lettera.